Vigneti esauriti nel Trevigiano Il prosecco sbarca in Valbelluna

Belluno, clima mite e prezzi stracciati. La produzione vola al 26%

dal corriere veneto 4/9/09

BELLUNO — In provincia di
Belluno il rilancio dell’agricoltu­ra punta sulla produzione del vi­no.
Il clima mite e i prezzi strac­ciati degli appezzamenti hanno reso in
questi anni la Valbelluna una zona molto appetibile, so­prattutto per i
coltivatori prove­nienti da fuori. Ma si recuperano anche i vigneti
autoctoni, quelli abbandonati dopo l’emigrazio­ne del secolo scorso, e
qualcuno sta già producendo in bottiglia con il marchio Igp delle
Dolomi­ti. A confermarlo sono i dati dif­fusi da Veneto Agricoltura. Le
previsioni vendemmiali per il Triveneto vedono, infatti, il Bel­lunese
in testa con un vero e pro­prio exploit: secondo le stime, i quintali
di uva raccolta passeran­no dai 579 del 2008 ai 732 del 2009 con un
aumento del 26,42%, un boom dovuto anche alle nuove superfici vitate
entra­te in produzione nel 2009. Nu­meri ancora molto bassi rispetto
alle altre province venete, ma che non sono passati inosservati tra gli
addetti ai lavori. Ed è già braccio di ferro tra le piccole
coo­perative e i grandi produttori. «In quest’ultimo anno e mez­zo – ha
spiegato Mauro Alpagot­ti, presidente provinciale della Confederazione
italiana agricol­tori – c’è stato un forte interessa­mento alla zona
Pedemontana anche di aziende medio grandi. In primis c’è un discorso
legato al cambiamento climatico: la temperatura anche in provincia di
Belluno, si è alzata parec­chio ». E nei campi dove, fino a poco tempo
fa, si seminavano solo patate ora ci si può piantare anche le viti. E
poi c’è un discor­so legato ai prezzi delle superfi­ci. «Da noi – ha
continuato Alpa­gotti – c’è un rapporto di uno a dieci rispetto alle
zone vocate del Trevigiano. La saturazione delle zone coltivabili,
infine, spinge i produttori a cercare ter­reni altrove, soprattutto per
la produzione del prosecco». Tutti fattori che favoriscono i nuovi
in­sediamenti e quindi anche il ri­lancio dell’agricoltura nel
Bellu­nese, ma su cui non mancano le preoccupazioni. Al momento la
dimensione degli appezzamenti dei vitigni vanno dai 5 mila me­tri fino
ai 3 ettari e mezzo. Azien­de perlopiù medio piccole, an­che se alcune
cantine di un certo spessore hanno già fiutato l’affa­re e vorrebbero
insediarsi con estensioni superiori ai 20 ettari. Un fenomeno che gli
ambientali­sti non vedono di buon’occhio. «Per tanti anni la provincia
di Belluno è stata abbandonata a sé stessa – ha dichiarato Tiziano
Fantinel del Comitato Prà Gras ­adesso c’è un grosso interesse da parte
dei produttori di mele e uva. Ben vengano, purché rispet­tino il
patrimonio di biodiversi­tà che ha questo territorio. Noi crediamo sia
fondamentale tute­lare le produzioni locali. Alcuni hanno puntato su
vitigni au­toctoni come la bianchetta, altri sul prosecco che vanno
bene se i terreni vengono coltivati con metodi biologici». Gli
ambienta­listi chiedono che venga salva­guardata la salute dei
cittadini. «Ci sono arrivati dei dati dalla Val di Non di alcuni
comitati lo­cali – ha continuato Fantinel – su 13 campioni prelevati a
60,70 metri dai meleti sono stati trova­ti dei principi attivi molto
tossici che hanno inquinato terreni e scuole. Questo tipo di
coltivazio­ne minaccia la salute dei cittadi­ni oltre a contaminare
prodotti che non possono più essere bio­logici. Noi diciamo agli
ammini­­stratori locali di favorire gli inve­stimenti, ma di tutelare
cittadini e agricoltori locali. Per questo fa­remo un proposta per
lanciare il distretto del biologico nella zona del Parco». Questa nuova
vocazione viti­vinicola della provincia di Bellu­no è vista in maniera
positiva dal presidente provinciale della Confederazione italiana
agricol­tori. «In Trentino – ha dichiarato Mauro Alpagotti – sono stati
fatti parecchi errori. In Val di Non c’è stato un eccessivo
insediamento di meleti che ha creato non po­chi problemi di
coabitazione con la comunità. Credo che certi sbagli fatti in passato
non debba­no essere più ripetuti. Qui il bo­sco avanza sempre di più e
non possiamo essere ancorati al pas­sato, ma nemmeno serve una fu­ga in
avanti».

Lina Pison
04 settembre 2009

 

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