“Per un pugno di denari Longarone vende ancora i suoi morti”

da http://www.bellunopress.it

Fatto rimuovere lo striscione che “disturbava la quiete pubblica”

E’ rimasto esposto meno di un’ora nel primo pomeriggio di domenica scorsa a Longarone lo striscione con la scritta: “Per un pugno di denari Longarone vende ancora i suoi morti”. Dopodiché, il solerte intervento della Forza pubblica a messo fine allo scomodo documento di protesta contro la nascente centralina idroelettrica, realizzato da un superstite del Vajont. Che in quella tragedia ha  perso un congiunto, vari parenti e molti compagni di scuola e amici.

vedi anche: CENTRALE SUL VAJONT, UCCISI DI NUOVO, di Vasco Guerra parente di 4 vittime

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Costretti a respirare: Longarone e le industrie nocive che bruciano

Longarone: polvere di pvc in fiamme alla Diab

Incerte le cause dell’incidente, indagini sull’impatto ambientale (leggi l’articolo del corriere degli alpini)

MA, PER ESSERE PIU CHIARI, ECCO COSA NE PENSA CHI E’ COSTRETTO A VIVERE TRA I VELENI:

Fortogna, i timori degli abitanti dopo l’incendio

Incidente alla Diab, i cittadini di Longarone hanno scritto una lettera aperta sul tema della sicurezza: “Cos’ha insegnato il Vajont?”

«Due domande ci vengono spontanee: cosa effettivamente ha insegnato il Vajont? Perché una parte della somma risarcita non è stata impegnata per cercare di attuare progetti di salvaguardia del nostro territorio contro una industrializzazione selvaggia e ad alto rischio?».  Domande cariche di preoccupazione, sollevate dai cittadini di Longarone che hanno voluto rivolgersi all’opinione pubblica con una lettera aperta. Sono alcuni abitanti di San Martino, una frazione di Fortogna vicina alla zona industriale, e vicina soprattutto agli impianti della Diab, nei quali due notti fa è scoppiato un incendio. La riflessione che propongono, pur partendo da quel fatto particolare, ha un respiro più ampio, esteso a tutto il territorio comunale. «Quando ci siamo alzati l’altra mattina – raccontano gli abitanti di San Martino – c’era un odore molto forte, acre, che prendeva la gola e quello che vedevamo dalla finestra era una nuvola grigiastra lungo tutta la valle del Piave. Un grosso camino della Diab pompava in atmosfera a ciclo continuo delle sostanze prodotte da una combustione incontrollata».  Assistere a questo incidente fa scattare una scintilla di indignazione nei cittadini, che hanno ancora vivo il ricordo della pesante nube nera che la scorsa primavera era uscita dagli impianti della Ecorav, e di altri incidenti accaduti negli ultimi anni nella zona industriale di Longarone.  «Sembra proprio che il Comune di Longarone sia una bomba a orologeria! Assistiamo con troppa frequenza a incidenti ambientali – dichiarano i cittadini – che minacciano la nostra salute, avvelenandoci lentamente. In passato ci hanno assicurato che i valori di inquinamento erano entro i limiti di legge, ma una sostanza cancerogena è comunque dannosa, indipendentemente dalla quantità che viene assorbita. E queste sostanze nocive si accumulano nell’organismo, e non vengono smaltite. Vorremmo allora che si facesse un’indagine per stabilire l’incidenza di patologie tumorali sugli abitanti di questo territorio. Non vogliamo fare allarmismo, ma dobbiamo svegliare le nostre coscienze stordite da interessi economici e superficialità, ingannate da false verità, ricattate in nome di un posto di lavoro, e riconoscere i più elementari e fondamentali diritti di ogni persona».  «Perché dobbiamo accettare di chiuderci in casa sapendo che comunque il rischio è costantemente oltre la porta?».  La lettera si conclude con un appello agli amministratori: «Nel Longaronese ci sono alcune delle industrie più impattanti dal punto di vista ambientale della provincia. Chi sceglie di amministrare oggi non può e non deve permettersi di abbassare la guardia su questioni che toccano i valori sacri della vita. Non ci può essere potere senza responsabilità. Dobbiamo fare adesso le scelte giuste per avere un domani migliore, anche se oggi apparentemente queste scelte possono sembrare impopolari».

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DOSSIER: UNA PIOVRA ARTIFICIALE – FINMECCANICA A ROVERETO

PUOI SCARICARE IL DOSSIER SU FINMECCANICA IN TRENTINO DAL BLOG DI ROMPERE LE RIGHE ALLINDIRIZZO:

http://romperelerighe.noblogs.org/files/2010/12/FinmeccanicaDossier.pdf

Armi di distruzione di massa, tecnologie nucleari, collaborazione con le più spietate dittature, muri della vergogna, controllo sociale, repressione, TAV…                                  Nulla sembra mancare al catalogo di vendita di Finmeccanica.                                              Che ora cerca casa anche a Rovereto.                                                                                               In questo dossier troverete alcune buone ragioni per offrirle tutta la nostra inospitalità.

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finmeccanica a rovereto? anche no!

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Paura alla Ecora: vapori escono da un container All’origine dell’incidente forse un reagente chimico che non è stato reso completamente inerte

dal corriere degli alpini del 3/12/10

LONGARONE. Vapori da un cassone carrabile nel piazzale del sito 18 dell’Ecora che fa trattamenti chimico-fisico: quanto basta per allarmare il vigilante (e non solo) che mercoledì sera effettuava il normale giro di perlustrazione. Morchie di lavorazioni, fanghi di piscine trattati con sostanze tipo varichina, questo il risultato degli accertamenti effettuati ieri nuovamente da vigili del fuoco e personale Arpav allertati già dalla sera prima. Una reazione che probabilmente neanche in azienda si aspettavano perchè il trattamento era considerato «normale». Evidentemente, il processo per rendere inerte il contenuto, non era stato completato definitivamente.  Mercoledì sera dal cassone situato nel piazzale della ditta si sprigionava vapore che sembrava fumo: è partito l’allerta per un ennesimo allarme incendio in azienda, già in passato oggetto ripetutamente di fughe di esalazioni orticanti in alcuni casi, pericolosi in altri.  E’ bastato poco perchè i vapori si diffondessero nell’aria e con loro portassero anche un odore acre. Dopo aver atteso l’arrivo dei proprietari, si è potuto capire che ci si trovava davanti a una reazione chimica: il cassone scarrabile, tipo container, pare contenesse lavorazioni di rifiuti in una fase intermedia, trattati con una sostanza di tipo varichina, qualcosa a base di cloro. Ma la reazione era stata la solita. La fase acuta è stata gestita definitivamente intorno alla mezzanotte, dalle squadre intervenute: i vigili del fuoco hanno provveduto a buttare acqua per procedere con il raffreddamento; neve e pioggia in quel momento hanno consentito di non avere problemi.  Per l’Arpav si tratta di un «evento di portata modesta, sotto controllo e senza evidenti situazioni di pericolo, tra l’altro confinato in uno scarrabile all’interno dell’azienda e in condizioni meteo tali da non favorire propagazioni. L’attività tecnico gestionale, comunque, continua al fine di aumentare l’effetto della prevenzione».  Il personale Arpav ha fatto i suoi prelievi e verificherà ulteriori situazioni.  L’Ecora è sempre stata una azienda sotto osservazione, per i precedenti che vi si sono verificati e che hanno creato allarme sociale in diverse occasioni. Un impianto sempre nell’occhio del ciclone, da quando anni fa si sprigionarono vapori orticanti che hanno spedito in ospedale con i bruciori agli occhi il personale Safilo, azienda che si trova di fronte. Allarmi che si sono ripetuti nel tempo: ha creato una vera e propria mobilitazione quest’anno, il principio di incendio di fusti che hanno indotto anche all’evacuazione della zona industriale.

vedi anche: Esplode un fusto in fabbrica di SMALTIMENTO DI RIFIUTI TOSSICI!! Fiamme e paura a Longarone (bl)

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Trichiana (bl): Una centrale a biomasse nell’area ex Cementegola Produrrà 1 Mw elettrico

dal corriere degli alpini del 3/12/10

Centrale termoelettrica da 7 milioni di euro

La sola struttura brucerebbe 200mila quintali l’anno, il 10% del consumo attuale in provincia

TRICHIANA. Una mega centrale termoelettrica a biomasse a ridosso del centro di Trichiana che potrebbe bruciare 200mila quintali all’anno di cippato: quel che non ti aspetti viene fuori alla fine nell’ambito di un convegno (organizzato dal Bim e dal comune di Trichiana) sulle energie rinnovabili. Un impianto che preoccupa e sta iniziando a mobilitare più di una persona: è a ridosso del centro paese.  La scorsa settimana si presentava il progetto europeo Nesba, a Trichiana, sull’uso delle energie rinnovabili e all’interno del convegno è emerso il progetto di una ditta privata, per la costruzione di una grande centrale termoelettrica. L’impianto sorgerebbe negli ex piazzali della Cementegola, sotto la Surfrigo, nella zona industriale: al convegno era presente un consulente della ditta che ha presentato il progetto e ha fornito qualche numero, destando la perplessità di quanti ascoltavano. Anche perchè per ora, di questo mega investimento da 7 milioni di euro presentato come già «avallato» (nel senso di realizzazione «data per certa»), nessuno sa alcunchè.  La centrale, per la potenza espressa, potrebbe consumare 200mila quintali all’anno di prodotto: 600 quintali al giorno. Un numero che può dire tanto o poco ai non addetti ai lavori ma che equivale al consumo di legna da ardere di circa 25-30mila persone: cioè la centrale brucerebbe da sola il 10% di quel che bruciano attualmente gli abitanti della provincia di Belluno.  Non certo un impiantino sostenibile per le realtà locali. Serve per produrre energia elettrica: una corrente elettrica prodotta bruciando biomassa. Legno dunque, ma purtroppo per gli impianti di queste dimensioni gli apporti arrivano soprattutto dall’estero, dai paesi dell’Est europeo.  L’Italia è diventato il più grande importatore di legname per fini energetici. E potrebbe andare anche peggio visto che nella legislazione italiana col termine biomassa s’intende pure la frazione organica di rifiuti urbani.  Legno a parte, essendo la centrale alle porte di Trichiana, a creare ulteriore disagio ci sarà il via vai di tir che portano il combustibile che alimenta l’impianto: 80 o 90 camion al mese, dal momento che verrebbero bruciati 600 quintali al giorno di biomassa.  L’impianto produrrebbe corrente elettrica per un megawatt elettrico e 5 megawatt termici. In platea più di un intervenuto è rimasto a bocca aperta, qualcun altro ha iniziato a fare domande, specie su dove andranno a finire i 5 megawatt termici. Esempi simili in provincia (Ospitale e Longarone) smaltiscono in atmosfera l’energia termica prodotta attraverso torri di evaporazione, a Trichiana non vorrebbero che si alzasse dall’oggi al domani una torre a evaporazione proprio alle porte del centro cittadino. Ma la cosa che ha destato ancor più meraviglia, il fatto che del progetto i cittadini di Trichiana non sanno nulla.

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AMIANTO A GRIGNO (TN)

riceviamo e pubblichiamo:

Segnalo il sito sotto allegato dove vengono documentati i circa 100000 metri quadrati di eternit degli anni ’50 in pessimo stato di conservazione concentrato in un paese di 400 anime.

Per saperne di più

http://osservatoriogrignotezze.blogspot.com/2009/12/amianto-nel-comune-di-grigno-paese.html

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UN VOLANTINO DISTRIBUITO ALLA CONFERENZA SULLE “MISSIONI DI PACE ITALIANE” A FELTRE

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Una mela al giorno… e i pesticidi per contorno

un dossier del mensile Terra Nuova, settembre 2010

In Trentino, nel 2006, sono stati venduti per ogni ettaro coltivato 54,96 kg di sostanze attive contenute nei fitofarmaci (+6,79% sul 2005), gran parte delle quali di sintesi chimica. Il dato era inferiore solo a quello del Sudtirolo (58,81). La terza regione, la Liguria, seguiva con ampio distacco (20,87). La media nazionale è di 9,14 kg.
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LE LARVE DELLO SVILUPPO: GRAZIE MELINDA!

NON SARA’ LA MELINDA FORMALMENTE, OK L’AZIENDA IN QUESTIONE SI CHIAMA “LA FELTRINA”, MA IL MODELLO AGRICOLO DELETERIO ESPORTATO E’ QUELLO…

dal corriere delle alpi 21/9/10:

CALLIARI BLA BLA BLA: «Sui meleti troppe falsità»

I VICINI DEL MELETO:

E ora c è l allarme coccinelle

il Corriere delle Alpi — 21 settembre 2010

CESIOMAGGIORE. Per molti residenti quel campo continua a essere una piccola maledizione. A preoccupare ora, in questi giorni di raccolto, è la proliferazione di alcuni insetti, come le coccinelle. Ma ci sono pure delle larve. Allarme giustificato o allarmismo?  A chiederselo sono gli stessi residenti che dal canto loro cercano le risposte dove sanno di poterle trovare con una certa velocità, a cominciare da internet. Perché il problema da queste parti sembra soprattutto di tipo comunicativo.  L’ultimo interrogativo riguarda l’aumento sensibile di insetti, visibili sulle colture a ridosso del meleto. E’ un fenomeno normale sì o no? A impensierire è la specie di coccinella, una tale “Harmonia axyridis” proveniente dall’Est e già presente in diverse zone del nord Italia dove è arrivata recentemente. Di certo, fino a qualche tempo fa questo genere di “animaletti” non faceva parte dell’ecosistema cesiolino. Per lo meno della zona nei dintorni di Calliol.  Poi ci sono gli interrogativi di sempre, a cominciare da quelli che vengono ormai chiamati – quasi amichevolmente – «spruzzi».  «I trattamenti sulle piante», affermano alcuni residenti, «sono aumentati nel periodo a ridosso del raccolto. Spruzzano anche per tutta la notte. Cominciano tardi alla sera fino alle prime luci dell’alba».  Problema accessorio è l’aumento del traffico di mezzi pesanti nella zona. Non sono tanti, ma in un ambiente come quello cesiolino, fanno la differenza. «Questo», dicono da Calliol, «è però l’ultima questione. Vogliamo sapere che aria respiriamo e cosa va a finire sui nostri campi. Abbiamo bisogno di risposte precise». (cr.ar.)
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