TRENTO. Sono 1111 in Italia gli stabilimenti a rischio di incidente
rilevante che rientrano nella direttiva di Seveso. Di questi 9 sono in
Trentino: Acciaieria Valsugana (Borgo Valsugana), Gabogas2 (Condino),
Manica Spa, Sandoz (Rovereto), Distilleria Cipriani (Ala),
Poltrasporti, Atesinagas, Cristoforetti Spa (Lavis) e Trevisani Spa
(Trento). Su questi stabilimenti, l’Ufficio prevenzione dei vigili del
fuoco attua regolarmente dei controlli, per stabilire i livelli di
sostanze tossiche e le misure di sicurezza messe in atto dalle aziende.
Il livello di rischio è stabilito dal decreto legislativo 334 del 1999
in base alla quantità di sostanze pericolose (infiammabili, tossiche,
nocive) detenute o lavorate. Secondo quanto spiega Paolo Bosetti,
dell’Ufficio prevenzione, «le procedure di verifica variano in base al
grado di rischio dell’impianto». Gli stabilimenti ad alto rischio
devono stilare un rapporto di sicurezza, che contiene ipotesi di
incidenti e le misure adottate per prevenirli. Poi il documento viene
trasmesso all’Ufficio prevenzione, che ne valuta la validità. In
seguito viene stilata l’istruttoria e vengono effettuati sopralluoghi
sul posto. Infine la valutazione generale viene trasmessa al comitato
tecnico amministrativo. Per quanto riguarda gli impianti a rischio, le
aziende devono presentare una notifica. «Entrambi i documenti devono
essere presentati in linea di massima ogni cinque anni, oppure ogni
volta che viene apportata una modifica all’impianto» conclude Bosetti.
In Italia, dei 1111 impianti a rischio, più di 700 sono in regola con
il certificato di prevenzione incendi, che è l’ultimo atto del
procedimento di messa in sicurezza degli stabilimenti. Le difficoltà di
mettersi in regola riguardano soprattutto le aziende di grandi
dimensioni
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