ACQUA BENE COMUNE… PUBBLICO?

Disse
un saggio all’assemblea:
“”Bene”
è un concetto economico, che sa di schei… l’acqua è acqua, è
troppo importante, deve essere fruibile liberamente, deve scorrere,
non servono definizioni ad effetto!”

La
recente campagna nazionale ACQUA BENE COMUNE, al di la dei buoni
propositi del nome, nell’affrontare il micidiale problema della
mercificazione di una delle più importanti componenti della vita,
pone la scelta tra due modi di gestire quello che definisce un
“bene”: quello privato, che prevede la messa a valore dell’acqua
(guadagnare dei soldi dalla sua gestione) e quello pubblico, cioè
affidarne il controllo ad un ente pubblico (un’amministrazione
comunale, una provincia… lo Stato), schierandosi nettamente con
quest’ultima opzione. Nella scelta tra questo fuorviante binomio
(pubblico/privato) si escludono di fatto le possibili “altre”
opzioni di rapportarsi con ciò che pomposamente viene definito il
“comune”.

Magari
si da la gestione dell’acqua a un Comune (inteso come municipio) o a
una provincia che poi è d’accordo con la costruzione di un
inceneritore o di un’autostrada… Ad esempio troviamo nel sito
nazionale della campagna l’adesione del comune di Trichiana, il cui
sindaco uscente reclamava a gran voce l’inceneritore!

Certo
si può dire: intanto facciamo la legge sull’acqua, poi (o
parallelamente) affrontiamo le altre contraddizioni. Ma se il metodo
è sempre quello di muoversi in maniera “istituzionale”,
riferendoci allo stato o alle sue ramificazioni, sperando in un
governo
migliore del territorio o di quelli che vengono chiamati “i beni
comuni” attraverso “leggi giuste”, beh: auguri! Anche la
costituzione o la dichiarazione dei diritti dell’uomo garantiscono in
linea teorica tante belle cose… A meno che l’obiettivo di lungo
termine non sia quello di proporsi come amministratori per governare
(si badi bene: non autogestire) in prima persona il “comune”.

Visto
che ciò non è assolutamente nei nostri piani, vediamo come pura
illusione combattere i processi di privatizzazione e messa a profitto
dell’acqua (come di ogni centimetro di mondo e di ogni istante di
vita) opponendo una qualche gestione pubblica. Interessi privati e
istituzioni politiche sono legati indissolubilmente, fanno affari
assieme, difendono e diffondono lo stesso sistema. L’ex giunta
provinciale bellunese, di centrosx (composta tra gli altri da
rifondaroli e komunisti italiani…) andò fieramente alla battaglia
dell’acqua, salvo poi concedere autorizzazioni a fonderie velenose
(Metalba a fortogna, SAPA a Feltre) ed essere pro autostrada!

Crediamo
invece fondamentale unire all’approfondimento sul sistema delle
nocività (e di chi le promuove) una critica radicale del mondo dello
sfruttamento su tutto e tutti/e, critica che deve esplicitarsi poi
nelle modalità con cui la pratichiamo (coerenza dei mezzi coi fini).
La questione acqua non va affrontata
settorialmente,
ma il suo sfruttamento deve essere inquadrato nel sistema
industriale/produttivo e sociale in cui viviamo, che per riprodursi
pretende e impone esagerati consumi di merce ed energia, di enormi
quantitativi di acqua per l’agricoltura industriale/pesticida, ecc.
Quindi andrebbero criticati esplicitamente anche i nostri stessi
stili di vita, di consumo, di alimentarci… il mondo in cui viviamo:
il capitalismo. E per questo non basta una legge, un distretto
biologico o i pannelli solari.

Cerchiamo
poi di guardarci attorno con curiosità, per vedere se esistono
possibili scenari che si pongano altrove dal fuorviante dilemma
pubblico o privato, che favoriscano l’autocoinvolgimento diretto
delle persone. Per quanto riguarda il discorso dell’acqua c’è da
guardare con interesse l’esempio relativamente vicino della
Cooperativa acqua potabile di San Michele di Appiano (BZ) che dal
1946 gestisce l’acqua di questa frazione. La Cooperativa è su base
volontaria, non ha sede, impiegati o amministratori retribuiti,
l’unico
professionista
è il fontaniere che cura la manutenzione ordinaria degli impianti.
Gli utenti diventano soci della coop. e l’interesse in comune è di
curare l’acquedotto del paese attraverso riunioni e attenzioni
quotidiane. Un esempio analogo è quello del Consorzio acque libere
di Mezzana e Montaldo nel biellese, 34 cooperative che da sempre
(alcune da 100 anni) gestiscono l’acquedotto delle loro frazioni.
L’invasività di leggi e burocrazie di stato ed enti locali (il
Pubblico…) ne mina fortemente la possibilità di esistere senza
snaturarsi. Queste non sono certo ipotesi “rivoluzionarie”, sono
per forza di cose “compatibili”, ma rappresentano comunque
esperienze da guardare con interesse, per la loro discontinuità con
le pratiche ufficiali (non sono ne pubbliche ne private, sono altro).

Esistono
poi le infinite possibilità che le persone hanno di
autodeterminarsi, di decidere direttamente della gestione dei propri
bisogni, delle risorse fondamentali per la vita su questo pianeta
(come l’acqua) in maniera né speculativa né delegata, orizzontale,
rispettosa delle esigenze di tutto e di tutti, che metta in gioco
menti e corpi… autogestita. Esiste il desiderio di rompere la
continuità/contiguità con il sistema micidiale in cui viviamo:
quello che ha portato al falso binomio
privatizzazione/pubblicizzazione, al consumo e alla delega, entrambe
facce della stesso meccanismo che azzera l’autonomia reale degli
individui.

Ma
questa voglia si ha o non si ha…

BAL
DESIR, feltre

This entry was posted in acquamerce. Bookmark the permalink.

3 Responses to ACQUA BENE COMUNE… PUBBLICO?

  1. danilo says:

    ————————
    La lotta per l’acqua
    ————————

    Di recente si è accesa una gran lotta per la conquista di attività economiche d’importanza vitale per la stessa sopravvivenza umana, quindi inevitabilmente oltremodo remunerative, come ad esempio quella della gestione dell’acqua. Da entrambe le parti in lizza ogni giorno si spiegano forze vieppiù consistenti. Comincia però a farsi strada la percezione che i cittadini ancora una volta siano rimasti esclusi dai giochi. Infatti, se si presta attenzione, ci si accorge che nei fatti la lotta sta avvenendo tra PRIVATI e STATALI.

    La maggioranza della popolazione, i cittadini, gli esseri umani, continuano ad avere un’unica scelta: decidere se essere clienti di aziende private o fruitori di un servizio che in effetti, senza una loro partecipazione concreta, quotidiana, reale, quindi pure retribuita di conseguenza, non può essere affatto definito “pubblico”. A contrastare lo strapotere economico dei privati ancora una volta non è infatti una cittadinanza conscia dei suoi diritti repubblicani ma la solita privilegiata casta di statali d’epoca monarchica, i quali non fan altro che cercare di riconquistare le posizioni perdute, i sontuosi fasti del passato.

    L’acqua statale non è pubblica.

    Sia allo scopo di rintuzzare più facilmente i privati, sia allo scopo di realizzare, pur con gran ritardo, l’ideale di una gestione collettiva, implicito nell’ordinamento politico di una res publica, i cittadini devono prendere coscienza della distanza esistente tra una gestione in mano ai soliti statali ed una partecipativa gestione democratica. Nulla valendo il placebo di una promessa di partecipazione dall’esterno nel mero ambito pianificatorio, considerato che la gestione materiale, operativa, per intenderci le mansioni retribuite insieme ai connessi poteri, verrebbero ancora date in esclusiva agli statali.

    L’acqua statale non è pubblica.

    Le mille associazioni e gruppi politici impegnati in questa lotta hanno il primario dovere di rimarcare questa differenza, solo così potendo essi fare il reale interesse del cittadino. L’acqua è già stata in mano agli statali, come tante altre risorse e servizi. Ancora oggi noi cittadini, noi esseri umani, ovunque nel mondo, ci tocca soffrire per i massicci, pesanti guai che le oligarchie statali hanno causato in decenni di indebita permanenza nei ruoli che invece erano e sono di proprietà collettiva. Ancora oggi non riusciamo a liberarci di loro nè di quel putrido mondo politico che proprio su di loro fa più affidamento.

    Non possiamo tornare ad una gestione statale. Poiché essa è basata sull’esclusione dei cittadini, sulla loro estromissione da attività che pure competono loro e li riguardano direttamente. Sulla loro continua colonizzazione, nei pensieri e nelle azioni. Dobbiamo farci coraggio. Invece di procedere per tutta la vita arrancando su proposte incomplete, che più che farci andare avanti ci rigettano indietro, dobbiamo imparare a concepire proposte meditate e per questo complete, organiche, e pure creative e geniali, degne del nostro essere umani. Basta con la superficialità indotta da decenni di politica populista. Noi umani siamo ben di più di quello che oggi ci concediamo di essere.

    Acqua pubblica? Certamente! Non ai privati nè agli statali.

    Bensì a Cittadini che si alternino nei ruoli della Funzione Pubblica.

    Danilo D’Antonio

    Monti della Laga
    Teramo – Abruzzo

    L’acqua statale non è pubblica
    http://www.hyperlinker.com/ars/acqua_statale.htm

  2. ppppppppppp says:

    http://bur.regione.veneto.it/…iso.aspx?id=219246

  3. xxxxx says:

    ma che bal che siete!

Comments are closed.