gazzettino di treviso Sab 22/8/2009, Valdobbiadene
L’allarme scattato anche dopo il ritrovamento di animali selvatici morti nell’area dei vigneti
Lunghe strisce gialle che solcano le colline, corrono sui campi, si
inerpicano lungo strade sterrate. Nuvole che avvolgono terra e cielo,
che penetrano in gola, bloccano il respiro e uccidono tutto ciò che
incontrano, anche gli animali. Ora immaginate di vivere dentro questo
mondo: chiudete gli occhi. Ecco, siete nel regno del Prosecco. Un regno
che senza dubbio eccelle per qualità e professionalità, ma da anni è
oggetto di forti preoccupazioni per il massiccio uso di fitofarmaci,
pesticidi e dissecanti impiegati nel trattamento e nella coltura della
vite.
Qualche dato? Nel 2007 nella sola provincia di Treviso
sono stati venduti 3.100.855 kg di fitofarmaci. Un dato impressionante,
che rispetto al 2006 ha perfino avuto un incremento del 4 per cento.
Fra i principi attivi, dopo lo zolfo, il più usato è il “mancozeb”,
utilizzato per combattere la peronospera della vite. Nell’Usl 7 ne sono
state vendute circa 120 tonnellate; nell’Usl 8 circa 29; nell’Usl 9,
184. Peccato però che il 19 gennaio il Parlamento europeo abbia messo
al bando questo prodotto, assieme ad altri ventuno pesticidi, perchè
ritenuto pericoloso per l’uomo in quanto danneggia le ghiandole
ormonali. Eppure a maggio in alcuni manifesti, affissi in vari paesi,
con le comunicazioni circa i trattamenti da fare alle viti, campeggiava
ancora proprio il nome “mancozeb”.
I danni che un’agricoltura
intensiva può provocare sull’ambiente e sull’uomo sono da sempre il
cavallo di battaglia delle associazioni ambientaliste. Ma da oggi
diventa dunque oggetto di indagine. La vera novità, in fin dei conti, è
questa: il Corpo Forestale da tempo sta monitorando l’intero territorio
pedemontano per capire quali sono i risvolti che l’uso di dissecanti,
erbicidi e fitofarmaci possono avere sull’ambiente e sull’uomo. Sta
raccogliendo dati e indagando su alcune situazioni per capire qual è
l’effettivo costo sociale di questo trattamento.
In un anno su
ogni vigneto vengono fatti dai dieci ai dodici interventi fitosanitari.
A volte con l’elicottero, il cui impiego ultimamente sta comunque
diminuendo, nella maggior parte dei casi con il trattore o manualmente.
Chi abita su queste colline ha idee molto precise su cosa accade e ci
limitiamo a riportarle: dove la nuvola di prodotto si appoggia, la
natura tace. La frase di un vecchio contadino spiega tutto: «Non
parlano neanche più gli uccelli». La gente mormora, si preoccupa,
denuncia. Lo fa per un motivo: i vigneti sono a ridosso dei centri
abitati, intorno alle case sparse nella campagna e sulla collina e si
estendono fino ai bordi delle strade. E meglio non va con i dissecanti
o erbicidi, che disegnano linee spettrali lungo i filari delle viti di
Prosecco. Resta solo quel giallo rossastro, che contrasta in modo
stridente con il verde intenso dell’erba, rimasta incolume fra i
filari. Adesso però, al di là delle voci di paese, c’è un’indagine vera.
Dai dati Arpav si rileva come nel solo 2007, nella provincia di
Treviso, siano state impiegate 55 tonnellate di Glyphosate e 8
tonnellate di Glufosinate ammonium. Anche questo è un prodotto
recentemente messo al bando dalla Comunità Europea perché classificato
come cancerogeno. Fra gli insetticidi (dopo l’olio minerale) il più
usato è un altro principio attivo decisamente contestato: il
“chlorphirifos”. Circa 3 tonnellate impiegate nell’Usl 7; più di mezza
tonnellata nell’Usl 8 e quasi 7 tonnellate nella Usl 9. Cifre e dati,
correlati da studi epidemiologici ed eco-tossicologici, sembrano non
smentire affatto l’allarme della gente. Perchè chi vive immerso nella
zona del Prosecco, ma di Prosecco non vive, in silenzio guarda la
grande trasformazioni che sta subendo il suo territorio, che pare esser
diventato un grande "vigneto diffuso": impianti nuovi stanno
letteralmente riempiendo ogni spazio, soprattutto pianeggiante, mentre
in collina gli sbancamenti stanno trasformando anche il paesaggio. In
silenzio per anni la gente ha soltanto guardato. Ora attende di sapere.
Manuela Collodet
n.b.: I prodotti fitosanitari (agrofarmaci o fitofarmaci) sono tutti quei
prodotti, di sintesi o naturali, che vengono utilizzati per combattere
le principali avversità delle piante (malattie infettive, fisiopatie,
parassiti e fitofagi animali, piante infestanti). La legge italiana
definisce prodotti fitosanitari quei prodotti che: «proteggono i
vegetali (piante vive o loro prodotti) da organismi nocivi, eliminano
piante o parti di esse indesiderate, favoriscono i processi vitali
delle piante (esclusi i concimi), conservano i prodotti vegetali
(ortaggi, frutta, semi; esclusi i conservanti altrimenti
disciplinati)». Tuttavia, essendo i fitofarmaci generalmente costituiti
da sostanze tossiche (in alcuni casi cancerogene), il loro uso
massiccio determina rischi e pericoli per la salute umana e animale.
vedi il sito: http://sitem.herts.ac.uk/aeru/footprint/it/
Uno dei pochi comuni a essere dotati "di leggi" è Farra di Soligo: negli altri non c’è regolamento
L’informazione sull’impiego e sulle conseguenze nocive dell’uso di
fitofarmarci, dissecanti o pesticidi è sempre stata carente. Per non
parlare della loro regolamentazione. Un grande supporto ai viticoltori
arriva dal Consorzio di tutela del prosecco e a volte dai rivenditori,
che spiegano dosi e utilizzo. Sul fronte delle istituzioni locali però
c’è grande confusione. Uno dei pochissimi Comuni a essere dotato di un
regolamento di polizia rurale è quello di Farra di Soligo, ma sul
fronte controlli siamo carenti pure qui. Ma va sempre meglio che a
Valdobbiadene, terra sacra del Prosecco, che si ritrova con un
Regolamento di polizia rurale vecchio di ciquant’anni e con quello
nuovo fermo all’ipotesi di una bozza. E proprio sulla promessa
regolamentazione dell’utilizzo di queste sostanze Bernardino Zambon,
neo eletto primo cittadino, ha vinto lo scettro di Davì. Ora la sua
gente lo aspetta al varco, sperando che che il suo sindaco vada oltre
sappia dare una tutela certa ed omogenea a un’area che si distende tra
amministrazioni diverse, coordinando un piano sovracomunale che
coinvolga tutti, senza distinzioni.
Ma quel che serve
soprattutto è chiarezza sul fronte dei danni che questi prodotti
possono provocare. Serve un monitoraggio dell’aria, dell’acqua, della
terra che sgombri il campo da ogni qual minimo dubbio. Che faccia
emergere dati da incrociare con quelli dell’Usl per comprendere dove
sta andando questo territorio e la sua gente. Dati chiari che non
lascino a nessuno un margine di interpretazione. Perchè quel che ora fa
male a tutti, anche allo stesso Prosecco, è la mancanza totale di
informazione. Fa male alla popolazione, lasciata sola con i suoi
timori, fa male agli stessi viticoltori, che sono 3.352 nella sola zona
del prosecco Doc, e che ogni giorno lottano per far crescere una zona e
la sua immagine. Ed è per questo che ora una riflessione, seria e
sincera, deve aprirsi. Una riflessione che unisca tutti, sindaci, Usl,
politici e istituzioni, per valutare finalmente quali sono gli effetti
a medio-lungo termine dell’agricoltura e della viticoltura intensiva.
Perchè, in una terra dove il dito è sempre e solo stato puntato contro
il cemento, ora è arrivato, forse, il momento di provare a spostare lo
sguardo.