Le nuove devastazioni ambientali che il modello di sviluppo capitalista sta producendo in Italia e in Trentino.

di Sebastiano Pira e
Gianfranco Poliandri, Trento, 15.2.2009

Queste pagine vorrebbero contribuire
con alcune informazioni di sintesi al lavoro dei tanti che nelle
associazioni, nei comitati di base e nei movimenti della sinistra
anticapitalista stanno tentando, in particolare in Trentino – Alto
Adige, una lettura complessiva delle devastazioni ambientali, delle
nocività, dell’assalto ai beni comuni.

La crisi finanziaria ed economica di
sistema del settembre-ottobre 2008 sta provocando in Italia
conseguenze anche più gravi che nella media del continente europeo.

Come altrove, questa crisi è
totalmente governata dagli interessi del potere capitalista; ma in
questo paese incontra e aggrava un processo di imbarbarimento che ha
pochi precedenti nella nostra storia e che poggia su una situazione
già fortemente arretrata 1.

Questa crisi dunque:

1) approfondisce le già evidenti
difficoltà del sistema produttivo nazionale favorendo nuove grandi
ondate di licenziamenti, di precarizzazione e di contrazione di
consumi essenziali;

2) ha costituito l’occasione per
accelerare l’affondo generalizzato già in corso contro i diritti del
lavoro e i diritti sociali;

3) è accompagnata da attacchi
rinnovati e multiformi del Governo Berlusconi contro gli istituti
della democrazia formale, le libertà civili, le diversità
culturali, le comunità immigrate, insieme ad una strisciante
militarizzazione della società che rinvia alla progressiva
instaurazione di un regime autoritario;

4) ha prodotto immediati impoverimenti
di grandi fasce di risparmiatori, aumenti dei costi e restrizioni
gravi del credito proprio a sfavore dei soggetti già in difficoltà;

5) sembra potersi risolvere nel medio
periodo con una imponente ridistribuzione di risorse pubbliche a
favore delle banche, specialmente se venissero attivate in futuro le
garanzie statali sulle loro esposizioni 2;

6) porta la Confindustria a richiedere
con forza allo Stato, ed ottenere, sostanziosi aiuti in termini di
garanzie sui prestiti finanziari, sgravi ed agevolazioni di vario
genere, sblocco acritico di cantieri di grandi opere 3,
che quasi tutti si traducono in immediata erogazione di soldi
pubblici alle imprese private senza che sia stato nemmeno possibile
compensare i regali di Stato, già dati o preannunciati, con un
qualche serio recupero di potere d’acquisto popolare.

La crisi accentua anche tutte quelle
dinamiche che nell’ultimo decennio nel Nord America e nel resto
dell’Europa industrializzata hanno segnato una fase nuova della
contraddizione tra economia di mercato e salvaguardia dell’ambiente.

La devastazione dell’ambiente e i danni
alla salute umana – in sintesi, la rapina e la mercificazione delle
risorse naturali, accompagnati dalla rottura degli equilibri
ecologici – sono un dato costante del modello di produzione,
accumulazione e consumo capitalista nel mondo occidentale
"sviluppato", nelle configurazioni diverse trovate nei
differenti momenti storici e nei differenti luoghi.

Ma oggi questa rapina, questo
sfruttamento, questa mercificazione sembrano proporsi in forme più
spinte e sistematiche, e di conseguenza 4:

a) conoscono una forte accelerazione,
per compensare rapidamente le crescenti contraddizioni sui diversi
fronti (le incertezze della globalizzazione, le crisi finanziarie);

b) avvicinano un punto di rottura
dell’equilibrio ecologico complessivo, una crisi ambientale globale
non reversibile, che risultano prevedibili in base alle conoscenze
tecniche e si percepiscono anche con l’esperienza comune;

c) assumono comunque strategicamente
tutte le risorse naturali come vero e proprio fattore di produzione
disponibile in ogni caso senza inconvenienti a costi privati molto
bassi 5
o nulli;

d) sono sempre più decisi
principalmente verso le risorse naturali "ultime", quelle
che costituiscono beni comuni fondamentali per la continuazione della
vita umana (acqua, aria, suolo, fonti di energia), oggetto di
trasformazioni sistematiche in opportunità di profitti e
speculazioni 6;

e) usano le privatizzazioni non solo
come meccanismo generalizzato per smantellare i servizi pubblici ed
assegnare al profitto gli accessi a quasi tutti i beni sociali 7
ma anche per sradicare le popolazioni residenti dai propri
riferimenti ambientali principali;

f) sono sempre più accompagnate da
messaggi culturali e disinformazione che tendono a fare entrare nella
normalità del quotidiano le conseguenze nocive delle devastazioni e
degli inquinamenti;

g) sono sempre più affiancate
dall’impiego delle forze di polizia e dallo schieramento
dell’esercito professionale specie a protezione dei siti in cui è
maggiore la pressione negativa sull’ambiente;

h) utilizzano chiaramente gli effetti
delle distruzioni ambientali e le correlate occupazioni militari del
territorio come pretesti e forme di controllo sociale.

Concentrare quindi l’attenzione
sull’incremento qualitativo di distruzione ambientale che accompagna
la perdurante offensiva del capitalismo in Italia (e nel mondo) è
diventato un passaggio centrale ed irrinunciabile per chiunque voglia
resistere. Libertà dallo sfruttamento, tutela dell’ambiente, salute
umana, dignità della vita, uguaglianza e democrazia sono
inconciliabili con il modo di produzione capitalista e con l’economia
liberista di mercato.

Si tratta allora di approfondire la
conoscenza dei processi in atto per elevare la capacità e la qualità
dell’opposizione sino a delineare elementi di progetto e di programma
complessivo. Diamo un contributo iniziale proponendo una breve e non
completa rassegna su ciò che sta accadendo in Italia ed in Trentino.

A. Elementi di informazione riassuntiva
sull’attacco all’ambiente ed ai beni comuni in Italia

Il modo con cui in Italia il
capitalismo e il suo mercato aggrediscono oggi ambiente e beni comuni
– nell’imminenza e per gli effetti delle crisi di globalizzazione,
finanza e produzione – sembra caratterizzato da particolare urgenza
ed onnivoracità. Modo che si accompagna coerentemente alla scelta
di: a) reagire alle resistenze popolari con la militarizzazione del
territorio e con la repressione; b) condurre guerre imperialiste per
ridistribuire le aree di controllo anche sulle regioni del pianeta
più ricche di risorse naturali.

Molte riforme istituzionali ed
amministrative – avviate fin dagli anni 1970, ma accentuatesi dal
1993 – facilitano oggi questi processi. Non possiamo qui che
sinteticamente fare cenno, tra le altre:

  • alle riforme per il sistema
    elettorale maggioritario e la progressiva concentrazione dei poteri
    decisionali nel Governo e nel Presidente del Consiglio dei Ministri,
    nei governatori e nei sindaci a livello regionale e locale, a danno
    degli organi elettivi e della loro possibilità di svolgere una
    qualche residua funzione rappresentativa;

  • alla deregolamentazione e
    destrutturazione del sistema dei controlli e delle competenze
    tecniche delle pubbliche amministrazioni, accompagnate dalle
    esternalizzazioni dei servizi e dalla crescente occupazione di
    intere aree dello Stato da parte di schieramenti sociali e politici
    a sempre maggior vocazione corporativa, parassitaria e mafiosa;

  • a quelle connessioni tra politica
    ed economia, quindi tra Stato e mondo finanziario-imprenditoriale,
    che hanno ormai portato a compimento le privatizzazioni di quasi
    tutti i beni comuni.

A.1. Nuove decisioni e nuovi progetti nel
2008-2009

Costituiscono una conferma delle linee
di evoluzione accennate sopra:

a) l’insieme dei provvedimenti
normativi che hanno formato e formano in questi anni 2008 e 2009 sia
la c.d. manovra finanziaria d’estate, sia le riforme "per lo
sviluppo economico e la competitività", sia la legge
finanziaria 2009 con i relativi collegati;

b) tutti gli altri progetti di
devastazione ambientale e le relative concezioni guida che provengono
dalle forze economiche o dalle istituzioni (e che gli organi di
informazione rilanciano subito con enfasi).

Chi in questo paese – a danno delle
condizioni di vita e di lavoro di milioni di cittadini – si appropria
del territorio, delle risorse naturali, dei patrimoni pubblici e
tratta i servizi sociali come una merce 8,
può contare tra l’altro su:

  • un nuovo programma di sviluppo
    dell’energia nucleare nazionale – basato su tecnologie in corso di
    obsolescenza e privo di considerazioni verso i vincoli economici,
    ambientali, di sicurezza e di salute pubblica – con delega al
    Governo (da esercitare entro il 30.6.2009) per stabilire la
    localizzazione dei siti, la semplificazione delle procedure di
    decisione e controllo, le misure compensative, le modalità di
    esercizio del potere sostitutivo in caso di mancate intese con gli
    enti locali, la "individuazione degli strumenti di copertura
    finanziaria e assicurativa contro il rischio di prolungamento dei
    tempi di costruzione per motivi indipendenti dal titolare
    dell’autorizzazione unica" 9;
    sono previsti per esempio poi l’affidamento al CIPE delle decisioni
    tecniche in materia di tipologie di impianti, l’istituzione di una
    "Agenzia per la sicurezza nucleare" come unica autorità
    nazionale responsabile per la sicurezza e la salvaguardia nucleare,
    la subordinazione degli eventuali interventi della giustizia
    amministrativa agli interessi di rapida realizzazione delle opere 10;

  • il fatto nuovo 11
    che ora il Ministero della difesa, "allo scopo di soddisfare le
    proprie esigenze energetiche … può … affidare in concessione o
    in locazione, o utilizzare direttamente, in tutto o in parte, i siti
    militari, le infrastrutture e i beni del demanio militare … con la
    finalità di installare impianti energetici destinati al
    miglioramento del quadro di approvvigionamento strategico
    dell’energia, della sicurezza e dell’affidabilità del sistema …
    " 12;

  • un via libera allo sfruttamento
    dei giacimenti di idrocarburi persino nella laguna di Venezia 13;

  • il ritorno degli affidamenti ai
    general contractors per le tre linee TAV non ancora avviate 14,
    con annullamento della timida e tardiva scelta del Governo Prodi di
    bandire gare internazionali 15
    e riproposizione dei meccanismi che tanti sprechi e debiti pubblici
    hanno già generato;

  • la conclusione e il consolidamento
    del lungo processo di liberalizzazione-privatizzazione forzata dei
    servizi idrici (e di tutti gli altri servizi pubblici locali) 16,
    con nuovi ostacoli ai pochi Comuni che cercano di resistere con il
    modello pubblico dell’azienda speciale o del consorzio gestiti con
    risorse del bilancio ordinario;

  • l’affidamento dei controlli
    amministrativi su imprese fornite di certificazione ambientale o di
    certificazione di qualità nientemeno che agli stessi soggetti
    certificatori (che operano sul libero mercato e non sono
    equidistanti), anche in caso di autorizzazioni all’esercizio
    dell’attività 17;

  • l’adozione di nuove procedure
    volte a facilitare ulteriormente e senza controlli la
    "valorizzazione" (tramite alienazioni) del patrimonio
    immobiliare di Regioni, Province, Comuni 18;

  • l’idea di riconoscere gli
    incentivi Cip6 anche per l’energia elettrica prodotta dagli impianti
    di incenerimento dei rifiuti, con riferimento ”agli impianti,
    costruiti o in costruzione, che si trovano in zone a rischio
    emergenza rifiuti dichiarata con provvedimento del Presidente del
    Consiglio dei Ministri” 19;

  • l’idea di privatizzare e
    trasformare in Fondazioni anche i parchi naturali italiani 20;

  • la scelta dell’ottobre 2008 di
    Confindustria e Governo di utilizzare la crisi finanziaria in
    corso e l’imminente recessione per ricontrattare in modo deciso 21
    e sostanzialmente depotenziare nelle decisioni UE di metà dicembre
    22
    gli impegni e i costi derivanti all’Italia dal piano di azione
    europeo c.d. 20-20-20 (entro il 2020 ridurre del 20% i consumi di
    energia, ridurre del 20% le emissioni di CO2, portare al
    20% la quota di energie rinnovabili) 23,
    con il malcelato intento di rimettere anche in discussione i vincoli
    del protocollo di Kyoto 24.

A.2. Il segreto di Stato e l’impiego
dell’esercito professionale contro i movimenti di opposizione

Si aggiunge a questi elementi, infine,
l’uso dell’esercito professionale per compiti di sorveglianza, tutela
e protezione dei siti di interesse strategico, di ordine pubblico e
di limitazione delle libertà personali che il Governo Berlusconi sta
gradualmente consolidando dopo le prime prove in Campania 25.

Del resto, una vera e propria
incredibile anticipazione di questa deriva era già stata offerta dal
Governo Prodi che con il DPCM 8.4.2008 aveva previsto la possibilità
di imporre il segreto di Stato su informazioni, documenti, attività,
cose e luoghi collegati anche alla tutela di interessi economici,
finanziari, industriali, scientifici, tecnologici, sanitari ed
ambientali, allo scopo evidente di prevenire forme di lotta sul
territorio a difesa dei beni comuni. E’ evidente cosa ciò possa
significare – anche in termini di sorveglianza armata dei siti –
quando i movimenti di opposizione avranno a che fare, per esempio,
con tentativi di costruzione di nuove centrali nucleari o di nuove
grandi opere inutili ma definite "strategiche". Inoltre – e
non si tratta di aspetto secondario – nei siti coperti dal segreto le
funzioni di vigilanza non sono più svolte dalle varie autorità di
competenza ordinaria (agenzie provinciali/regionali per l’ambiente,
aziende sanitarie locali, Istituto Superiore di Sanità, vigili del
fuoco, ecc.) ma da autonomi uffici centrali di controllo.

A.3. Le novità nell’impiego delle risorse
pubbliche che finanziano le devastazioni

In Italia è storico l’intreccio tra
uso spregiudicato e antidemocratico dei bilanci di Stato ed enti
locali, sprechi, appalti truccati, usi deviati ed appropriazioni
indebite specialmente nel settore delle opere pubbliche, in un quadro
complessivo caratterizzato da un capitalismo strutturalmente
arretrato e consociativo senza uguali in Europa.

Se poi si considera quale sia la reale
utilità sociale delle opere pubbliche realizzate in queste
condizioni, e come le stesse opere incidano globalmente sulla qualità
dell’ambiente e della salute umana in Italia, si capisce bene come si
sia di fronte a un problema strettamente connesso con le questioni
della distruzione di risorse naturali, della mercificazione e della
rapina dei beni comuni, dello strapotere del capitale finanziario.

Comitati e movimenti che si oppongono
alle devastazioni ambientali conoscono bene, di solito, gli aspetti
tecnici e i costi degli interventi, ma non si fermano abbastanza sui
meccanismi che selezionano, allocano e distribuiscono le risorse per
realizzarli. Rischiano così in qualche caso di farsi sfuggire
aspetti chiave per raccogliere conoscenze e organizzare difese.

Per evitare un possibile equivoco,
precisiamo che non sarebbero certo per noi un problema le opere
pubbliche con natura di beni sociali, condivise dalle popolazioni
interessate in atti decisionali non asimmetrici e realizzate senza
sprechi e ruberie. Ma condizioni simili non si sono mai viste in
Italia e non sono all’orizzonte.

Con un’approssimazione notevole, che
non tiene conto né delle sovrapposizioni né delle gradualità dei
processi, si potrebbero distinguere in questo paese tre periodi per
quanto attiene ai modelli gestionali-finanziari per le opere
pubbliche.

Un primo periodo iniziato dal
dopoguerra ha visto le amministrazioni pubbliche gestire le varie
forme tradizionali di gara per l’aggiudicazione dei lavori pubblici,
sempre in condizioni di elevato debito pubblico ma con scarso
interesse per l’eventuale apporto di capitali privati in
compartecipazione, solitamente in posizione di preminenza nei
confronti dei soggetti realizzatori, comunque senza garanzie di
costante trasparenza e razionale impiego delle risorse.

Circa venti anni fa, con il lancio
delle linee per l’alta velocità ferroviaria e poi di altre categorie
di "grandi opere", è iniziato un secondo periodo
caratterizzato da un modello gestionale-finanziario prevalente a
direzione mista pubblico/privato che ha accumulato consapevolmente
grandi volumi di debito pubblico occulto: 1) optando per finte
sinergie strategiche tra risorse pubbliche e capitali privati di
rischio; 2) tollerando che questi capitali privati non siano mai
stati effettivamente erogati; 3) sostituendo i capitali privati
mancanti con prestiti acquisiti sul mercato finanziario dalle SpA
pubbliche che hanno guidato le realizzazioni delle opere; 4) fornendo
a questi prestiti sia la copertura del pagamento degli interessi sia
garanzie statali in caso di mancata restituzione; 5) subendo quindi
sia enormi costi per interessi durante cantierizzazioni lunghissime
sia l’escussione delle garanzie nei casi (praticamente tutti) in cui
la gestione delle opere realizzate non ha dato o non darà gli utili
destinati alla restituzione dei prestiti; 6) attivando nello stesso
tempo meccanismi di intermediazione che hanno prodotto altre
imponenti lievitazioni di costi.

Oggi stiamo entrando in un diverso,
terzo periodo, caratterizzato dalla diretta prevalenza degli
interessi dei grandi gruppi di costruzioni, delle banche e del grande
capitale anche europeo ed internazionale, dal pressochè completo
servilismo dei poteri pubblici, dalla drammatica incidenza delle
speculazioni finanziarie, dall’assenza consolidata di veri capitali
privati di rischio. Chi decide dentro le istituzioni sa che le
risorse per realizzare tutte le opere pubbliche programmate – specie
quelle presentate come più importanti, strategiche, essenziali per
il mantenimento di condizioni di competitività e sviluppo nazionale
– sono largamente insufficienti e devono essere sottratte ad impieghi
socialmente più utili. Il fatto di programmare, localizzare,
progettare e costruire opere in condizioni di totale deficit di
bilancio diventa un dato strutturale scontato. E dunque perché non
pensare a forme di approvvigionamento finanziario pluridecennale di
nuova concezione, perché non ricorrere a grandi serbatoi di
liquidità nazionale nati per tutt’altri scopi oppure perché non
coinvolgere nell’onere economico per le opere anche i soggetti
direttamente "beneficiati"? L’ingegneria finanziaria
privata e pubblica sta allora studiando al servizio del capitale
finanziario e delle grandi imprese di costruzioni nuovi strumenti che
congiuntamente o alternativamente 26:

  • producano a carico delle
    generazioni future nuovo debito pubblico qualificato da lunghissima
    durata ed esenzione dall’applicazione dei parametri per l’osservanza
    del patto di stabilità 27
    (si tratta tra l’altro di nuove forme di prestito da parte della
    Banca Europea degli Investimenti);

  • rivisitino i già sviati (a favore
    dei grandi costruttori, ovviamente) meccanismi della finanza di
    progetto (abituali nelle ipotesi di compartecipazione
    pubblico/privato) per adeguarli alla realizzazione di opere
    pubbliche inadatte a recuperare gli investimenti con i proventi
    della gestione futura (qui gli enti pubblici committenti si
    preparerebbero a versare eterni canoni d’uso per le opere costruite
    e, beninteso, già debitamente pagate al costruttore privato);

  • permettano alla Cassa Depositi e
    Prestiti di impiegare direttamente il risparmio postale liquido che
    essa detiene verso investimenti per infrastrutture, prestandolo a
    tassi di mercato ma contemporaneamente costringendo lo Stato (che
    garantisce il risparmio postale) a sostituire gli importi impiegati
    emettendo nuovi titoli del debito pubblico 28;

  • immaginino di impiegare come basi
    di garanzia (per finanziamenti di lunga durata da acquisire sul
    mercato) persino le riserve della Banca d’Italia;

  • impongano nuove tasse locali di
    scopo per prelevare direttamente dalle comunità investite parte dei
    finanziamenti occorrenti per le opere;

  • generalizzino il meccanismo della
    "cattura anticipata del valore immobiliare e commerciale"
    (già sperimentato nel Quadrilatero Umbria-Marche dal 2004) che, in
    estrema sintesi, consiste nel prelevare anticipatamente dal
    territorio (enti locali, imprenditori, proprietari di immobili,
    esercenti di attività, ecc.) una buona quota del "valore
    aggiunto" che sarebbe prodotto dalle opere in progetto.

B. Attacco
all’ambiente e ai beni comuni in Trentino

Forse non si comprende in pieno la
portata delle minacce all’ambiente trentino senza ricordare
brevemente le condizioni che le creano.

Ci pare di poter riconoscere almeno
cinque elementi principali che ricorrono quando si discute sullo
stato delle risorse naturali in Trentino; elementi che di volta in
volta si intrecciano tra loro con pesi diversi.

  1. Anche se esistono serie emergenze,
    non si può dire che oggi l’ambiente in Trentino sia già in uno
    stato di crisi generale. Questa situazione relativamente favorevole,
    rispetto a molte altre regioni italiane, è l’effetto di condizioni
    storiche riconoscibili nel compromesso di lunga durata che ha visto
    classe dirigente e poteri economici di dimensioni sostanzialmente
    locali "risparmiare" almeno in parte le risorse naturali
    trentine sia come base e garanzia di un profitto relativamente
    circoscritto alle valli sia come conservazione di un fattore
    identitario. Ciò non significa ovviamente che non siano state
    prodotte in modo irresponsabile depauperazioni e nocività gravi 29.
    Da circa 15 anni si sono però create gradualmente e si stanno
    rafforzando le premesse perché questa situazione si rovesci. Si può
    valutare che continuando così tra altri 10-15 anni un ambiente ben
    conservato e vivibile in Trentino sarà solo un ricordo.

  1. L’intreccio perverso tra gestione
    clientelare dell’abbondante bilancio pubblico e imprenditoria
    assistita ha reso fragile, arretrato il sistema produttivo trentino;
    le opportunità per le persone sono diventate sempre più disuguali;
    la classe politica ha perduto nel tempo la propria relativa
    autonomia dai poteri economici; le crisi economiche e finanziarie
    hanno reso sempre meno praticabile (come nel resto del paese negli
    ultimi 25 anni) la conciliazione tra libertà del capitale e scelte
    ridistributive. Le imprese del Trentino hanno dal canto loro
    partecipato ai meccanismi di privatizzazione e globalizzazione,
    hanno perduto appartenenza identitaria, e per meglio affrontare la
    loro crisi vogliono sempre di più a livello locale quello che il
    mercato liberista impone in generale nel mondo [dominio sulla forza
    lavoro, appropriazione dei beni comuni, ambiente e risorse naturali
    non come vincoli ma come oggetto di devastazioni o come merci (del
    tutto sacrificabili alle logiche dello sviluppo "sostenibile"),
    sostegno dei bilanci pubblici ai profitti privati].

  1. Le decisioni politiche sull’uso
    del territorio e l’ambiente sono prese sempre di più senza
    l’informazione, la partecipazione e il consenso delle popolazioni
    interessate, che non siano quelle obbligatorie di mera forma.
    L’informazione sulle scelte possibili non è considerata una
    risorsa, è reticente, sviante, incompleta, mai preventiva, sempre
    successiva alle decisioni fondamentali; se esiste, è avviata per
    canali istituzionali a loro volta configurati per bloccare il
    confronto (il dissenso è inglobato e vanificato all’interno di
    procedure che sono costruite con esiti predeterminati, come la
    valutazione di impatto ambientale).

  1. Si ripete che le risorse pubbliche
    vengono sempre più sviate verso il supporto dei profitti e delle
    iniziative private, anche se in perdita. E’ palese la volontà
    dell’impresa – a totale scapito degli interessi collettivi – di
    continuare a piegare ai propri fini gli stanziamenti e la gestione
    dei bilanci pubblici, di vedere garantiti dai bilanci pubblici i
    propri capitali di rischio, di costringere le classi politiche a
    mettere a punto nuovi meccanismi economico-finanziari capaci di
    assicurare nuovi finanziamenti preventivi senza incertezze.

  1. I meccanismi autoritari che
    presidiano queste linee di tendenza si stanno evidenziando anche in
    Trentino. La volontà di costruire una base militare a Mattarello,
    immediatamente a Sud di TN, ne è una dimostrazione; con costi
    (circa 400 milioni di Euro) che sono circa la metà di quelle
    risorse per la manovra anticongiunturale 2008-2009 che la Provincia
    di TN ha fatto fatica a trovare.

Tale complesso di elementi – cui in
questo periodo si aggiunge la debolezza dei movimenti di opposizione
– rende molto difficile parare le attuali grandi minacce all’ambiente
e alle condizioni di vita fondamentali degli strati popolari del
Trentino. Ne elenchiamo alcune:

  1. Deterioramento della gestione del
    territorio. Le scelte del nuovo PUP (LP n. 5/2008) sono ispirate
    alla pianificazione flessibile, al superamento della logica dei
    vincoli, a importanti deleghe di pianificazione alle nuove Comunità
    di valle (che sembrano apparati decentrati per l’uso speculativo del
    territorio, cuscinetto ammortizzatore per le classi dirigenti
    provinciali centrali), alla rinuncia a limiti seri all’edificazione
    30:
    scelte pericolose stando ai presupposti che le guidano.

  1. Inceneritore a Trento, a 5 km da
    piazza del Duomo. Mentre in molti casi in Italia e in Trentino si
    sfiora o addirittura si supera una raccolta differenziata porta a
    porta dell’80%, la Provincia fissa il limite della propria al 65%
    (piano provinciale dei rifiuti), rallenta le sperimentazioni
    avanzate e insiste sulle insensate conseguenze della scelta
    dell’incenerimento: negazione alla radice di un percorso di
    diminuzione della produzione globale di rifiuti, negazione di un
    ciclo logico e razionale dei rifiuti, favori a chi produce con i
    rifiuti energia a costi bassi e guadagni elevati con contributi
    pubblici (CIP 6), silenzio sugli incredibili volumi di rifiuti
    nocivi prodotti dagli stessi inceneritori, gravissima esposizione
    della popolazione a rischi per la salute per nulla controllabili
    (diossine, nanoparticelle). Prima di ogni altro, il processo di
    costruzione dell’inceneritore deve essere fermato, senza
    possibilismi e trattative su fasi, per il rilancio forte di una
    politica di risparmio, diminuzione della produzione, raccolta
    differenziata porta a porta, trattamento meccanico biologico,
    recupero dei residui, smaltimento graduale delle ecoballe
    accumulate.

  1. La politica trentina delle aree
    sciabili 31
    è una dimostrazione contemporaneamente di asservimento agli
    interessi di una imprenditoria arretrata, di arroganza nelle
    decisioni non partecipate e non condivise, di indifferenza alle
    evidenze scientifiche sui mutamenti climatici 32.
    Come in altre zone dell’arco alpino italiano, si autorizzano nuovi
    impianti di risalita e nuove aree sciabili anche in zone di bassa e
    media quota. Il bilancio pubblico provinciale, quello di Trentino
    Sviluppo SpA (centinaia di milioni di Euro e 75,7 solo nel triennio
    2008/2010) e i bilanci comunali sono piegati alle esigenze delle
    società di settore e le sostengono in molti modi: finanziamenti
    diretti di opere, aumenti di capitali, contributi agli esercizi
    annuali; ed ora, vista la situazione di generale indebitamento del
    settore (il 95% delle gestioni sarebbe deficitario), la politica
    provinciale non troverebbe di meglio che acquisire addirittura la
    proprietà delle infrastrutture o intervenire con modalità
    equivalenti pubblicizzando le perdite e lasciando poi la gestione (e
    i profitti) ai privati in deficit 33.
    Quanti sono i costi globali reali del contribuente trentino per
    produrre quell’8,3% del PIL provinciale correlato all’industria
    dello sci? In Trentino questo settore è ormai saturo, e
    deve restare nelle condizioni esistenti. Vogliamo con effetto
    immediato e definitivo: il blocco degli interventi di realizzazione
    di nuove piste da sci e di ampliamento delle piste da sci esistenti;
    il blocco dei progetti per la realizzazione di nuovi impianti di
    risalita e per il potenziamento degli impianti di risalita
    esistenti; il blocco della realizzazione o del potenziamento degli
    impianti per l’innevamento artificiale, compresi i bacini dedicati
    di raccolta delle acque; la revisione dell’assenso a tutti gli
    interventi di infrastrutturazione rivolti all’incremento della
    mobilità alternativa ma di fatto finalizzati al servizio di aree
    sciabili; l’inserimento di queste direttive in una variante
    immediata del PUP e nei piani territoriali subordinati.

  1. Progetto Metroland, già avallato
    dal nuovo PUP, per connettere via treno tutte le valli trentine
    all’asta dell’Adige e ai maggiori centri urbani. Un progetto che non
    tiene alcun conto degli enormi costi (circa 5,5 miliardi a prezzi
    2007) e delle devastazioni ambientali annunciate soprattutto a
    carico delle risorse idriche e del territorio sprecato, che sconta
    una domanda di collegamento del tutto indimostrata e che fa vedere
    contraddizioni serie con altri progetti provinciali realizzati o in
    corso.

  1. Programma TAV sull’asse del
    Brennero. E’ forse l’esempio più limpido di un’opera irragionevole,
    inutile su cui si spinge per motivi che non hanno nulla a che vedere
    con le promesse (eliminare o ridurre fortemente il traffico dalla
    A22) e con argomenti quasi solo propagandistici (la linea storica
    sarebbe vicina alla saturazione, il traffico merci di valico sarebbe
    in costante aumento nei prossimi decenni, la nuova infrastruttura
    sarebbe un importante fattore di sviluppo). Devastazioni ambientali
    gravissime e costi altissimi sempre in aumento, un meccanismo di
    finanziamento finanziario che non esclude sprechi e incrementi di
    costo come quelli del programma TAV in Italia 1991 (1991-2007
    aumenti dei costi di 6,9 volte a fronte di un aumento dei prezzi al
    consumo di 0,7 volte nello stesso periodo): questi sono i regali
    annunciati di un’impresa che sta fortemente a cuore a moltissimi
    politici e imprenditori trentini e altoatesini. Che forse per questo
    non si occupano di affrontare oggi il grave problema dei transiti
    merci sulla A22 34
    oppure ignorano la grande contraddizione di dover finanziare (almeno
    in parte) le nuove opere con i pedaggi che proverrebbero proprio dal
    tipo di traffico che esse garantirebbero di ridurre e che per essere
    sufficienti dovrebbero durare per un periodo molto più lungo di
    quello previsto per le costruzioni.

  1. Il processo di liberalizzazione
    dei servizi pubblici locali – del servizio idrico in particolare –
    incide anche in Trentino. In realtà la situazione di autonomia
    istituzionale ha fatto partire questo processo già da tempo, in
    maniera silenziosa. Ed ora, coerentemente con le decisioni
    nazionali, la legge provinciale 2006, n. 3/2006, "Norme in
    materia di governo dell’autonomia del Trentino" prevede un
    largo ricorso alle società di capitali per l’esercizio di servizi
    pubblici, sotto la guida preferenziale delle nuove Comunità di
    valle. Con uno sguardo speciale alla nuova Dolomiti Energia SpA che
    nasce dalla fusione di Trentino Servizi e Dolomiti Energia e sarà
    operativa dal marzo 2009 nel settore dei servizi pubblici,
    dell’energia elettrica, del gas, del teleriscaldamento, della
    gestione del ciclo idrico integrato, dei servizi ambientali.

1
Per esempio fra i tanti possibili, prima degli ultimi allargamenti
nella UE a 15 membri solo Grecia e Italia mancavano di una copertura
universalistica della disoccupazione.

2
Vedi la legge n. 2/2009 di conversione del decreto-legge n.
185/2008, recante "Misure urgenti per il sostegno a famiglie,
lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione
anti-crisi il quadro strategico nazionale", articolo 12 sulla
sottoscrizione pubblica di obbligazioni bancarie speciali.

3
Nella citata legge n. 2/2009 sono presenti molte norme con queste
facililtazioni a favore delle imprese, tra cui solo per esempio: la
riduzione di 3 punti percentuali dell’acconto IRES e IRAP; il
potenziamento finanziario dei Confidi anche con aggiunta della
garanzia dello Stato; le rivalutazioni degli immobili nei bilanci a
fini di maggiore patrimonializzazione; la rateizzazione dei debiti
fiscali e contributivi e la riduzione delle sanzioni sui tardivi
pagamenti di imposte; la riduzione di costi amministrativi; le
procedure per definire solo in base ad autocertificazioni le
iniziative realizzate con contributi pubblici, anche se non portate
a compimento.

4
Ormai nel pianeta Terra si sta impiegando a livello globale una
capacità biologica pari a 1,4 volte quella disponibile.

5
Come nel caso dell’atmosfera fatta oggetto in varie forme di diritti
di inquinamento commerciabili in appositi mercati separati.

6
Basta ricordare come nell’agosto del 2008 (legge n. 133/2008,
articolo 23-bis) si è concluso – con il consenso di tutte le forze
politiche parlamentari – il lungo itinerario legislativo per la
privatizzazione forzata dei servizi idrici avviato nel 1994, senza
tuttavia aver potuto chiudere del tutto la porta a processi di
mantenimento all’area pubblica e di ripubblicizzazione.

7
Non dimentichiamo che – in Italia con speciali caratteri di violenta
tracotanza – si è compiuto o si sta concludendo un processo di
mercificazione-privatizzazione dei più importanti beni sociali
(istruzione, sanità, trasporti, servizi alla persona, servizi
generali per la qualità dell’ambiente).

8
Si ricordino su questo punto in particolare le recenti proposte di
trasformare le Università – ed in prospettiva le scuole di tutti
gli ordini (disegno di legge Aprea) – in fondazioni privatistiche a
caccia delle risorse per funzionare.

9
Il pensiero corre immediatamente alle sinistre manovre finanziarie
che dal 1991 hanno gonfiato i debiti pubblici per le linee TAV.

10
Decreto-legge n. 112/2008 convertito con legge n. 133/2008, articolo
7, e disegno di legge alla Camera dei Deputati n. 1441-ter ora
disegno di legge al Senato A.S. 1195 (articoli 14, 15 e 17).

11
Cfr. l’articolo 22 (denominato "Valorizzazione ambientale
degli immobili militari") dell’attuale disegno di legge al
Senato A.S. 1195, "Disposizioni per lo sviluppo e
l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di
energia", al 28.1.2009 in corso di esame davanti alla
commissione competente (l’articolo fu introdotto durante l’esame
presso la Camera dei Deputati del disegno di legge n. 1441-ter,
"Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione
delle imprese, nonché in materia di energia", approvato il
4.11.2008 e trasmesso al Senato il 7.11.2008).

12
La disposizione non pare formulata in modo da poter escludere
chiaramente un utilizzo di questi siti a fini di esigenze
energetiche civili. Si aggiunga che per realizzare questi impianti
il Ministero stipula "accordi con imprese a partecipazione
pubblica o private", che le decisioni si prendono (sulla base
di un progetto preliminare e di uno studio di valutazione di impatto
ambientale VIA allegati agli accordi) in una Conferenza dei servizi
centrali e locali interessati presso lo stesso Ministero e comunque
raccordandosi alle normali procedure di VIA). Si aggiunga ancora che
l’articolo 17 del decreto legislativo n. 163/2006 (codice dei
contratti pubblici) stabilisce che "le opere, i servizi e le
forniture destinati ad attività … delle forze armate o dei corpi
di polizia … nei casi in cui sono richieste misure speciali di
sicurezza o di segretezza … o quando lo esiga la protezione degli
interessi essenziali della sicurezza dello Stato, possono essere
eseguiti in deroga alle disposizioni relative alla pubblicità delle
procedure di affidamento dei contratti pubblici".

13
Decreto-legge n. 112/2008 convertito con legge n. 133/2008, articolo
7.

14
Decreto-legge n. 112/2008 convertito con legge n. 133/2008, articolo
12.

15
In nessun caso si è mai trattato di una rinuncia alla costruzione
di una singola opera o di un ripensamento della logica che ha
presieduto al programma TAV in Italia.

16
Decreto-legge n. 112/2008 convertito con legge n. 133/2008, articolo
23-bis, e disegno di legge alla Camera dei Deputati n. 1441-bis
"Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la
competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la
perequazione tributaria".

17
Decreto-legge n. 112/2008 convertito con legge n. 133/2008, articolo
30.

18
Decreto-legge n. 112/2008 convertito con legge n. 133/2008, articolo
58.

19
Era una proposta di emendamento presentata dai Ministri
dell’Ambiente e dello Sviluppo Economico al disegno di legge alla
Camera dei Deputati n. 1441-ter, che non pare riprodotta nel disegno
di legge al Senato A.S. 1195.

20
Da parte del Ministro dell’Ambiente, cfr. "Il Sole 24 Ore",
6.8.2008.

21
Prima insieme ai paesi maggiori inquinatori dell’Est europeo e alla
fine anche con l’appoggio della Germania e l’acquiescenza della
Francia.

22
Di fronte alla richiesta ostinata di non pagare costi del piano di
azione che si pretendevano più alti di quelli degli altri grandi
partner europei, sono state concordate per l’Italia quote gratuite
di permessi di emissione, esenzioni e deroghe varie soprattutto per
i settori manufatturieri.

23
Il modo con cui l’apparato economico-politico italiano, in questa
partita, considera l’ambiente come semplice fattore di produzione,
oggetto del tutto disponibile per mantenere in piedi margini di
profitto traballanti, ricorda sinistramente le manovre con cui prima
dell’adozione dell’Euro il capitalismo nazionale per mantenere la
propria competitività ricorreva alle svalutazioni periodiche della
Lira, con i relativi effetti inflazionistici a carico della
popolazione, invece che investire nelle aziende.

L’Agenzia europea per l’ambiente – nel
rapporto "Tendenze e previsioni sulle emissioni di gas serra in
Europa al 2008", presentato intorno alla metà di ottobre 2008
– evidenzia che l’obiettivo di riduzione delle emissioni ad effetto
serra del 20% rispetto al 1990 entro il 2020 rimarrà fuori portata
senza l’attuazione di misure supplementari come il pacchetto
sull’energia e sui cambiamenti climatici; infatti l’UE a 15
riuscirebbe a rispettare il proprio impegno di Kyoto, mentre
l’Europa a 27 per rispettarlo avrebbe bisogno proprio di quelle
misure.

24
Oltre ad essere il paese europeo con il maggior numero di infrazioni
nel settore ambientale l’Italia negli ultimi anni ha anche
peggiorato (non migliorato) le proprie prestazioni negli adempimenti
al protocollo di Kyoto. Inoltre in questo paese solo il 2,4% delle
risorse pubbliche è stato destinato alla tutela dell’ambiente nel
triennio 2009-2011.

25
Decreto-legge n. 90/2008 convertito con legge n. 123/2008.

26
L’elenco non è esaustivo.

27
Il Patto di stabilità europeo è uno strumento del capitale
finanziario “nazionale” ed europeo per sfruttare i lavoratori e
gli strati popolari in particolare quelli dei paesi intermedi e
marginali.

28
Ci pare questa un’ottima ragione per ritirare immediatamente il
denaro da tutti i libretti postali.

29
Basta per esempio pensare all’abnorme consumo di territorio per
insediamenti, in rapporto alle superfici disponibili, o agli enormi
volumi di traffico sulla A22.

30
Cfr. per esempio la distinzione tra aree agricole di pregio
modificabili con compensazioni, aree bianche destinate alle scelte
dei PRG e aree agricole ordinarie con possibilità di ragionevole
espansione edilizia in base alla convenienza.

31
Ora possono anche essere ridefinite dalle Comunità di valle.

32
L’abbondante innevamento dell’inverno 2008-2009 non è significativo
nel medio-lungo periodo.

33
Informazioni dei giornali radio regionali del 23.10.2008 e giorni
seguenti.

34
Dove secondo gli esperti indipendenti si potrebbero diminuire di
circa 2/3 i flussi attuali allineando le tariffe italiane a quelle
austriache-svizzere, facendo rispettare sul serio gli obblighi
dell’autotrasporto, migliorando l’efficienza e le quantità del
trasporto merci su una ferrovia che è satura solo per gli standards
arretrati di Trenitalia.

di Sebastiano Pira e
Gianfranco Poliandri, Trento, 15.2.2009

 

Queste pagine vorrebbero contribuire
con alcune informazioni di sintesi al lavoro dei tanti che nelle
associazioni, nei comitati di base e nei movimenti della sinistra
anticapitalista stanno tentando, in particolare in Trentino – Alto
Adige, una lettura complessiva delle devastazioni ambientali, delle
nocività, dell’assalto ai beni comuni.

 

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