il testo dell’intervento tenuto da Folgaria235 al convegno “il trentino che viene”

"Le montagne ci hanno difeso per secoli. Sta a noi, ora, restituire il favore."
Folgaria235
http://folgaria.ilbello.com

 

RASCHIARE
IL FONDO. LA POLITICA PROVINCIALE DEGLI IMPIANTI DI RISALITA.

Introduzione.

Per quanto riguarda il tema del turismo invernale, e nello specifico
dell’industria dello sci, il Trentino che viene è in realtà il
Trentino di un passato che non vuole passare. Uno sguardo d’insieme
ai molti progetti di nuovi impianti di risalita mostra la corsa verso
la saturazione dello spazio ancora disponibile in determinati
comprensori sciistici, grazie ad una politica provinciale che si
caratterizza esplicitamente per l’appoggio istituzionale e
finanziario a grandi piani infrastrutturali. Il semplice fatto che
tali iniziative siano fonte sicura di lauti profitti immediati
sgombra il campo da ogni considerazione sui risvolti economici di
lungo periodo, nonché sugli innegabili danni di carattere ambientale
e sui guasti sociali prodotti. Si continua, sotto il motto “finché
dura”, a saccheggiare il territorio e a speculare con soldi
pubblici. Nel frattempo ogni studio di settore sconsiglia
investimenti in questo comparto, e la stessa confindustria rivela che
il 95% degli impianti trentini è in perdita. Ma perché a fronte
della generale contrazione del mercato dello sci, con una diminuzione
costante e inesorabile del numero dei praticanti si promuove
l’ampliamento delle aree sciabili? E perché la Provincia Autonoma
di Trento sostiene questo delirio di investimenti? Come vengono
giustificati tali disastri agli occhi di un’opinione pubblica che
sembra sempre più attenta alle questioni ambientali? Quali sono gli
interessi che vengono favoriti, a discapito della conservazione di
beni comuni essenziali e con costi collettivi ingenti? Cercheremo di
fornire elementi utili per rispondere a questi interrogativi che
descrivono una linea di tendenza solo apparentemente assurda, che
sottintende invece una logica tanto pericolosa quanto diffusa.

Il
punto della situazione
.
Ci sembra opportuno cominciare tracciando il quadro degli interventi
previsti sul territorio provinciale. Facciamo però un piccolo passo
indietro, riandando con la memoria a un momento che possiamo leggere
come una sorta di prologo iperbolico di quanto sta accadendo ora. Nel
1996 Francesco Moser, all’epoca assessore provinciale al turismo
propose un collegamento funiviario tra Madonna di Campiglio e Andalo,
attraverso le dolomiti di Brenta. Come era ovvio aspettarsi si
sollevò un polverone di critiche, la maggior parte delle quali
intese a sottolinearne l’irrealizzabilità. La si liquidò
frettolosamente come una sparata ad effetto, volta soltanto a
garantire un certa visibilità al suo autore. Quel progetto non ebbe
fortunatamente alcun seguito, ma quello che prefigurava, lo
sfruttamento delle montagne in chiave turistica, rischia di essere
completato fra poco.

Spesso
si fatica a comprendere che la semplice convinzione di poter compiere
un atto è garanzia sufficiente della sua realizzazione da parte di
chi detiene le possibilità tecniche per farlo. Con impressionante
regolarità vanno via via a cadere tutti gli ostacoli che sembrano
inizialmente impedirlo, siano essi d’ordine politico, economico
oppure etico. L’età della tecnica, del pieno dispiegamento degli
strumenti a disposizione dell’uomo per impadronirsi della natura e
padroneggiarla, è caratterizzata dal progressivo superamento di ogni
limite precedente. Così, se per il momento non si è scavalcato il
Brenta con un progetto abominevole, l’idea di riempire le montagne
di impianti per far scorazzare in percorsi obbligati gli sciatori, in
un insensato stimolo a divorare gli spazi, si è polverizzata in
altri progetti, minori solo per il risalto che viene dato loro.

La
situazione forse più nota è quella del collegamento fra Pinzolo e
Madonna di Campiglio attraverso la Val Brenta. Il progetto, che lo
scorso 8 agosto è stato ratificato da una delibera della PAT e può
quindi passare alla fase attuativa, prevede la realizzazione di due
telecabine 8 posti, la sostituzione di una seggiovia, una nuova pista
da sci e uno skiweg, oltre a tre nuovi parcheggi.

Un
altro luogo minacciato è il Colbricon, nel Primiero, dove è
prevista la realizzazione del collegamento tra San Martino di
Castrozza e Passo Rolle. Il progetto prevede la realizzazione di una
funivia bifune della portata oraria di quasi mille persone, lunga
2500 metri, per un dislivello fra le due stazioni di 66 metri e
mezzo. Si è recentemente giunti, in data 28 gennaio 2009, alla firma
di un protocollo di intesa.

Anche
la zona di Tremalzo, in Val di Ledro, è investita da un progetto di
rilancio turistico che ne farebbe scempio. Qui l’interesse
speculativo appare in tutta la sua evidenza. Si deve infatti ad un
soggetto privato, il bresciano Domenico Alcide Leali, imprenditore
immobiliare, ex presidente di Air Dolomiti, nonché padrone di hotel
sul lago di Garda e, molto significativamente, delle acciaierie di
Borgo Valsugana, l’intenzione di sviluppare la località in chiave
turistica. Vi sono poi interventi di ampliamento dell’area
sciistica a Passo Brocon, località in cui si prevede un utilizzo da
parte dell’esercito americano di stanza a Vicenza. Sono inoltre
recenti gli interventi della PAT a salvataggio della società
impianti della Polsa, nel Comune di Brentonico, con un impegno
finanziario di 3.800.000 euro, e la paventata necessità di correre
in soccorso di Trento Funivie, la società che ha in mano il Bondone,
da tempo in profonda crisi, per ripianare, con l’esborso di 4
milioni di euro, parte del debito accumulato. A questo quadro
desolante si aggiunga la distruzione della Paganella, montagna che ha
subito una tale proliferazione di seggiovie e piste da indurre la Sat
a rinunciare alla manutenzione dei sentieri.

Ricordiamo
per ultimo il caso di Folgaria, che conosciamo meglio degli altri
perché ci vede impegnati nella battaglia per impedire la
concretizzazione di un “piano di sviluppo”, così viene definito,
di proporzioni gigantesche. Il confronto con le situazioni appena
ricordate fa emergere le dimensioni di questo specifico disastro e
quelle degli interessi in gioco. Il numero degli impianti di cui si
prevede la realizzazione tra gli altipiani e i confinanti comuni del
Veneto, seppure più brevi e con tipologia diversa, sono 7, cui si
deva aggiungere una seggiovia già realizzata (sono 3 a pinzolo, uno
a passo rolle, un altro a Tremalzo). Gli investimenti previsti a
cavallo fra Trentino e Veneto assommano a 70 milioni di euro, più di
quelli previsti per Pinzolo Rolle e Tremalzo messi insieme.
Utilizzeremo molti riferimenti alla realtà di Folgaria perché ci
sembra paradigmatica di una tendenza complessiva e di processi
generali, che trovano riunite tutte le caratteristiche particolari
presenti anche nelle altre realtà prese in esame.

L’intreccio
politica-affari, il ruolo di Trentino Sviluppo
.
Abbiamo già accennato allo stretto legame tra politica e affari,
notando in prima battuta come la Provincia di Tn sostenga tanto
istituzionalmente quanto economicamente, attraverso il suo braccio
finanziario, Trentino Sviluppo spa, ciascuno dei progetti
sommariamente descritti. Apprendiamo dal sito di Trentino sviluppo
che la stessa è “un’agenzia creata dalla PAT per affiancare le
imprese locali in un percorso di crescita e promozione del Trentino
come terra di business e ricerca. Obiettivo della società è
favorire lo sviluppo sostenibile del territorio.” Beh, non c’è
male. A chiarire cosa si intenda con quest’ultima, perentoria
frase, può bastare uno sguardo ad alcune figure di spicco del
consiglio di amministrazione. L’attuale presidente, nominato dopo
il quasi totale azzeramento dei vertici compiuto l’anno scorso, è
Paolo Mazzalai, vice-presidente della Confindustria del Trentino
nonché legale rappresentante di SWS group, gruppo industriale che
opera nel settore dei servizi di ingegneria e progettazione, e
direttore generale di SWS engineering spa, la società del gruppo cui
si debbono i progetti degli impianti da sci realizzati negli ultimi
dieci anni a Folgaria, la redazione degli studi di fattibilità per
quelli futuri sempre nella zona di Folgaria, oltre a incarichi di
progettazione del tunnel ferroviario per l’alta velocità sull’asse
del Brennero e altri interventi di vera e propria devastazione
ambientale come la terza canna del traforo del Frejus. In un momento
di primaria importanza per le sorti dell’iter di approvazione del
piano d’intervento previsto sull’altipiano di Folgaria, una
figura di primo piano di TS, l’allora vicepresidente Corrado
Fedrizzi era sindaco di numerose società impiantistiche in tutto il
Trentino, sedeva nel consiglio di amministrazione di società
impiantistiche o immobiliari riconducibili al gruppo Carosello Ski o
al gruppo Marangoni e successivamente è stato nominato revisore dei
conti del Comune di Folgaria.

Se
solo diamo un’occhiata al piano degli interventi che TS intende
attuare in tutti i campi in cui è impegnata (industria, artigianato,
commercio, servizi) nel corso dei prossimi anni possiamo facilmente
renderci conto di come una parte molto consistente di tali iniezioni
di denaro pubblico sia riservata a aziende che operano nell’industria
dello sci. Secondo quanto riportato dalla stampa a ottobre 2008 TS
intende investire entro il 2010 nel comparto sciistico 29,5 milioni
di euro, mentre a gennaio 2008 i milioni di euro, su un totale di
95,2, erano addirittura poco meno di 50. Appare in tutta la sua
evidenza l’importanza che riveste questo settore per la PAT, non
solo e non tanto perché considerato strategico per il futuro, quanto
per il ruolo che vi svolge TS, il cui funzionamento è vitale per la
provincia stessa. La pesante compromissione di TS con società
private impegnate nel campo del turismo invernale costringe, in una
sorta di gioco perverso, la PAT a mantenere in vita iniziative
imprenditoriali che lasciate sole non avrebbero alcuna possibilità
di sopravvivere. Se queste società dovessero fallire, il rischio del
tracollo non sarebbe escluso neppure per TS, con inevitabili e
dirompenti risvolti politici per i vertici della provincia.

La
presunta distinzione che spesso si compie tra pubblico e privato,
attribuendo al primo il virtuoso ruolo di controllo e
regolamentazione del secondo, con la capacità di limitarne gli
eccessi e correggerne le storture, mostra il suo peccato di ingenuità
in questo settore più che in altri. Quello che tuttavia appare più
grave e preoccupante è notare come non si tratti solo del prevalere
di un potere, quello economico, su quello politico, che permette al
primo di condizionare quest’ultimo e forzare le sue scelte, quanto
della piena adesione, della consonanza delle intenzioni di entrambi.
Entrambi infatti, potere economico e politico, sposano un’idea di
sviluppo che consiste nella distruzione dell’ambiente, nel
saccheggio delle risorse, nello sperpero di ricchezza pubblica, e si
misura in termini puramente quantitativi, spingendo le sorti degli
abitanti del trentino verso un punto di non ritorno. Gli interessi in
gioco sono talmente intrecciati che privato e pubblico si confondono
e finiscono per coincidere. Il caso di Folgaria è emblematico: un
sindaco dimissionario, Cappelletti, diventa, una quindicina di anni
fa, presidente della società impiantistica locale, la Carosello Ski,
di cui il comune di Folgaria detiene una partecipazione azionaria non
trascurabile. Dopo anni di crescita dell’indebitamento – con un
passivo che ammonta ormai a oltre 18 milioni di euro – si gioca la
carta del rilancio. Sulla base di un piano integrato d’area che fa
acqua da più parti, ma con l’appoggio di industriali come
Marangoni, Zobele e Dalle Nogare, di costruttori e immobiliaristi,
viene presentato un progetto di espansione dell’area sciistica che
prevede ampi spazi per la speculazione edilizia a Serrada, Fondo
Grande, Fiorentini. Il successore di Cappelletti alla poltrona di
sindaco, Olivi, dichiara la piena condivisione del progetto e si
attiva a tutti i livelli per agevolarne la positiva conclusione. Oggi
Olivi è assessore all’economia dell’ennesima giunta Dellai,
grazie anche al sostegno ricevuto in campagna elettorale da quello
stesso Marangoni che ha cominciato a investire consistenti capitali
proprio a Folgaria, tramite la società Tempo Libero. Il cerchio è
chiuso dall’approvazione da parte della giunta provinciale della
variante al piano regolatore generale del comune di Folgaria che
inserisce la previsione di nuovi impianti, e dalla stipula di un
protocollo che impegna TS a intervenire alla ricapitalizzazione di
Carosello Ski per 16 milioni di Euro.

Merita
una considerazione anche la composizione degli organismi decisionali
cui spetta l’avvallo di simili operazioni. I protocolli d’intesa
che sanciscono l’avvio dell’iter che porterà alla realizzazione
dei progetti presentati dalle società impiantistiche vedono ovunque
il coinvolgimento degli stessi soggetti: amministrazioni comunali e
provincia, Trentino Sviluppo, società degli impianti e
rappresentanti delle categorie economiche. A compiere scelte che
hanno ricadute pesantissime sulle comunità locali, con effetti che
determinano in maniera sostanziale e per periodi prolungati le
attività, i modi di vita, i rapporti sociali fra le persone, sono
gruppi di potere ristretti, una esigua minoranza che ha accentrato
nelle proprie mani le leve del comando e ha stretto con le
istituzioni locali, giunta e consiglio comunale, un’alleanza capace
di garantire loro la facoltà di agire indisturbati. Si tratta spesso
di veri e propri comitati di affari, di cartelli di imprese, in cui
non mancano rapporti di carattere parentale, che condizionano le
linee politiche delle amministrazioni. In tal modo vengono
privilegiati esclusivamente interessi privati con la copertura degli
organi rappresentativi, chiamati a fornire all’esterno una falsa
immagine di partecipazione e di finta espressione di tutela degli
interessi comuni. Rammentiamo a tal proposito che il patto
riguardante l’impegno della provincia a supportare il piano
integrato d’area predisposto dall’ apt di folgaria nel 2007
conteneva una clausola che prevedeva la segretezza dei contenuti. Il
capitolo nove sottolineava infatti l’impegno delle parti contraenti
a, citiamo testualmente, “non divulgare a terzi, senza il
preventivo consenso delle altre parti, alcuna notizia informazione o
dato riguardante l’operazione…”. E’ una tendenza generale,
diffusa su tutto l’arco alpino, ben sintetizzata da Werner Baetzing
nel suo libro “Le alpi”: “Il bilancio comunale dipende in modo
crescente dal turismo, cosicché attraverso tariffe comunali più
elevate o peggiori servizi il turismo viene sovvenzionato anche da
quegli abitanti del comune che da esso non traggono alcun vantaggio,
anzi ne vengono danneggiati. Importanti decisioni politiche del
comune vengono prese sempre meno dai soli rappresentanti eletti, e in
misura crescente da influenti albergatori, costruttori edili e
direttori di società di impianti di risalita. La democrazia comunale
risulta quindi sempre più svuotata….” E’ questo un meccanismo
che trova nei comuni di montagna il luogo ideale dove compiersi,
poiché le dimensioni limitate che li caratterizzano e le dinamiche
di controllo sociale che in essi si verificano rendono estremamente
difficile, a causa di pressioni di ogni tipo e di ricatti e minacce
più o meno velate, l’emergere di posizioni critiche e forme reali
di opposizione.

La
propaganda.
I termini con
cui i soggetti interessati, pubblici e privati, sostengono tale
scempio sono un capolavoro di retorica, un esempio perfetto di come
sia possibile rovesciare la realtà delle cose rovesciando il senso
delle parole. Merita quindi di essere riportato uno stralcio
dell’introduzione contenuta nella brochure preparata dalla PAT in
occasione della sigla dell’accordo che prevede il collegamento
Pinzolo-Campiglio: “…Non un semplice collegamento sciistico, ma
una risposta ai problemi di mobilità, ad una vivibilità nel segno
dell’eccellenza, una soluzione alle incognite poste da flussi
turistici sempre più elevati e un ulteriore passo avanti verso
un’utenza turistica di più alto livello. Una grande sfida per la
qualità dello sviluppo turistico, una riconversione culturale del
modo di “fare turismo”. Con quest’accordo il Trentino affronta
il tema dello sviluppo conciliando la cultura dello sviluppo –
appunto – con l’attenzione e la salvaguardia dell’ambiente…”.
E ancora, poche pagine più avanti: “…La filosofia del progetto è
quella di coniugare nuovo sviluppo con tutela e conservazione
dell’ambiente…”. Al di là del fastidio che ci può procurare
l’enfasi da piazzista con cui viene presentata l’opera è
importante osservare due cose. Da un lato la questione della mobilità
alternativa, nodo centrale per comprendere il tema degli impianti da
sci in trentino, su cui ritorneremo più avanti. Dall’altro l’uso
paradossale che viene fatto delle categorie di tutela ambientale,
cultura, sviluppo. Incuranti di ogni sussulto di vergogna i
responsabili della distruzione dell’ambiente si auto-eleggono
paladini della sua difesa. E’ il tratto distintivo di una cattiva
coscienza che di fronte all’innegabile degradazione del paesaggio,
e della qualità della vita intorno a noi, cerca di sovrapporre una
rappresentazione del mondo di segno opposto. Il messaggio che
quest’opera di polizia del linguaggio cerca di veicolare è il
seguente: ciò che può sembrare un consumo ingiustificato,
irresponsabile e irreversibile del territorio è in realtà la sua
valorizzazione. Ciò che può sembrare la prostituzione agli
imperativi del profitto di una cultura autentica, frutto di un
rapporto secolare con la montagna elaborato dalle comunità che vi
abitano, è in realtà la riconversione culturale del modo di “fare
turismo”. Ciò che può sembrare la cementificazione di quanto
resta di prati e boschi è in realtà la sua riqualificazione.

La
mobilità alternativa
.
L’inganno che va sotto il nome di mobilità alternativa obbedisce
allo stesso principio di tradimento della realtà e della sua
sostituzione, e rappresenta un capolavoro di perfidia comunicativa.
Nel corso degli ultimi anni il meccanismo che permetteva alle società
impiantistiche di sopravvivere, rinviando a domani il risanamento di
un deficit di gestione e bilancio che cresceva sempre di più, era
quello di programmare una serie di interventi annuali che
consentivano di accedere a nuovi finanziamenti da parte di istituti
di credito, sulla base di presunti piani di sviluppo o di rilancio.
In realtà questi finanziamenti andavano in parte a coprire i mutui
attivati precedentemente, in una sorta di circolo vizioso senza
sbocchi. Tale stratagemma, che si esplicitava tanto attraverso
l’ammodernamento degli impianti quanto tramite l’acquisto di
mezzi battipista o cannoni da neve, etc., veniva praticato da quasi
tutte le società operanti in Trentino: solo tre di esse infatti,
quelle di Canazei, di Folgarida-Marilleva e di Campiglio, avevano
bilanci in attivo. Le cose non sono cambiate di molto. Anche oggi
programmi di investimenti che prospettano un futuro di successo sulla
base di valutazioni fantasiose, previsioni di andamento del mercato
dubbie e piani economici traballanti sono sufficienti a convincere
imprenditori privati, banche, amministrazioni comunali, provinciali e
regionali a scucire montagne di soldi. Il caso di Folgaria, dove una
Carosello Ski in crisi anche di credibilità ha distribuito un comico
opuscoletto con tanto di effetti speciali per invitare gli operatori
economici dell’altopiano a “far la loro parte”, è anche sotto
questo punto di vista emblematico. Inoltre, come ha ben sintetizzato
proprio il presidente di Carosello Ski Cappelletti, “niente sci
senza mattone”: ad ogni progetto in ambito impiantistico si
affianca immancabilmente un intervento edilizio di carattere
speculativo, il solo che possa garantire margini reali di profitto.

La
trovata più recente per ottenere ingenti capitali pubblici,
aggirando le norme europee sulla concorrenza che vieta aiuti pubblici
ad aziende private oltre un certo limite, è quella della cosiddetta
mobilità alternativa. Con questa parola magica si travestono
telecabine e funivie, pensate essenzialmente in chiave sciistica, di
una pretesa e insensata utilità sociale, come modo per togliere
dalle strade il traffico automobilistico. Risultato questo, mai
dimostrato. Insomma, oltre al danno dello sperpero economico e dello
sfregio ambientale la beffa rappresentata dal fatto che si vogliono
presentare queste strutture come soluzioni ecocompatibili,
sostenibili, a basso impatto ambientale, non inquinanti, per
risolvere un problema, quello della congestione di vallate e
montagne, del consumo di territorio e di energia, che proprio
strutture come queste contribuiscono ad alimentare. Il vantaggio di
questa operazione consiste nel fatto che un impianto di mobilità
alternativa ottiene il 90% del finanziamento da fondi pubblici. Una
vera trasfusione per le casse esangui delle società impiantistiche.
Così si inventano dal nulla situazioni di crisi della mobilità cui
è urgente porre rimedio, si produce la necessità di agevolare gli
spostamenti di masse di persone che fino al momento prima non ne
avvertivano minimamente il bisogno. E’il caso di Pinzolo, di
S.Martino e anche di Folgaria. Qui, ancora una volta, si sfiora il
ridicolo. Si vogliono collegare con sistemi di mobilità alternativa
due luoghi dove attualmente non c’è alcun problema di mobilità,
semplicemente perché tra il primo, il paese e il secondo, le piste
da sci, di mobilità non ce n’è proprio, tranne che per poche
domeniche all’anno. Già oggi le seggiovie partono da località
molto attrezzate turisticamente, Costa e Serrada, o da cenrti poco
distanti dal paese, come Francolini o Fondo Grande. Di fronte alla
palese presa in giro che tali sotterfugi non riescono a nascondere si
svela l’inconsistenza degli oppositori istituzionali, i quali, come
il consigliere dei verdi Bombarda, si spingono a dire che “se gli
impianti servono alla mobilità alternativa ritengo che l’intervanto
pubblico sia possibile”. Basta davvero poco per recuperare una
contrarietà di facciata.

Il
ricatto dell’indotto.
Un
altro equivoco sul quale è opportuno fare un po’ di chiarezza è
l’assunto secondo cui l’importanza e la sostenibilità del
comparto sciistico in una località turistica vanno valutate sulla
base delle ricadute complessive che tale settore particolare genera
nell’intero comparto economico di riferimento. In parole povere si
sostiene che, nonostante le perdite economiche e gli oneri di
gestione che le società impiantistiche continuano a registrare, il
loro ruolo di traino per l’intera economia locale – negozi,
alberghi, ditte artigiane – sia tale da giustificare un impegno
finanziario complessivo, e cioè preteso ed estorto ad ogni cittadino
attraverso le tasse, destinato a supportarle. Ma i benefici di tale
sistema sono solo presunti, mentre i danni sono reali. Nelle località
a forte economia turistica gli squilibri tra chi se ne avvantaggia
direttamente o indirettamente e chi ne rimane irrimediabilmente
escluso sono macroscopici. Ad una classe sociale di privilegiati che,
come abbiamo visto, riesce a orientare le scelte amministrative a
proprio vantaggio e ad accaparrarsi la parte più consistente della
ricchezza che arriva in loco, corrisponde una fascia di persone che
non ottiene alcun vantaggio. Anzi. Nei luoghi turistici il costo
della vita è mediamente più alto che altrove, i prezzi per
l’acquisto di una casa sono improponibili, stante un mercato
immobiliare gonfiato a dismisura dalla speculazione sulle case per
vacanza, e gli stessi affitti sono poco abbordabili, si preferisce
affittare a 2000 e più euro al mese durante la stagione turistica
piuttosto che per tutto l’anno. Le opportunità d’impiego sono
caratterizzate da una bassa qualificazione, cui evidentemente
corrisponde un basso salario, hanno carattere stagionale, e sono
quindi caratterizzate da una spiccata precarietà. A lavorare nelle
cucine degli alberghi, come camerieri o in altre attività del genere
sono spesso studenti o immigrati, soggetti facilmente ricattabili e
disposti spesso ad accettare condizioni di lavoro difficili. Per
molti la prospettiva più facilmente praticabile è quella del
pendolarismo tra il luogo di residenza, cui sono spesso legati da un
forte senso di appartenenza, e il lavoro nel fondovalle, più sicuro
e migliore. A questo quadro a tinte fosche si aggiungano analisi di
prospettiva, sulla base di dinamiche che si sono prodotte altrove a
partire da condizioni simili a quelle che si stanno presentando qui
da noi ora. Secondo Werner Baetzing la crisi strutturale del turismo
sulle Alpi, manifesta già da qualche anno, rischia di portare al
completo accentramento di tutte le attività connesse al turismo da
parte di grandi compagnie, le sole che potranno reggere il mercato,
con la scomparsa di ogni piccola realtà aziendale autonoma. Questo è
quanto è già avvenuto in molte stazioni turistiche del nord America
e delle Alpi francesi, dove la completa professionalizzazione del
settore ha portato alla scomparsa di numerose strutture a tempo
parziale e aziende poco redditizie, e dove un unico soggetto
controlla tutti i segmenti dell’offerta turistica, dagli hotel ai
negozi, al mercato immobiliare, agli impianti di risalita, ai
ristoranti, ai trasporti, alle strutture per il tempo libero.

Conclusione.
La questione dell’espansione delle aree sciistiche in Trentino, con
le questioni correlate che abbiamo cercato di sintetizzare, ha
trovato ampio spazio sulla stampa locale, suscitando un certo
dibattito nella opinione pubblica sul senso di un cosiddetto modello
di sviluppo che mostra ormai tutti i suoi guasti e i suoi limiti.
Abbiamo assistito nel corso dell’ultimo anno a numerosissime prese
di posizione contrarie a progetti di tal genere, alcune capaci di
sostenersi con argomenti critici condivisibili, altre meno. Ci sembra
di poter ora affermare una cosa molto semplice: una opposizione che
rimanga confinata all’interno dell’espressione democratica del
proprio pensiero non serve, o almeno non basta. Delle opinioni che
non incidono sulla realtà delle cose, sulla concretezza dei rapporti
sociali, sulle strutture che provocano la distruzione dell’ambiente,
politici e imprenditori sanno esattamente cosa farsene: continuare a
ignorarle.

Folgaria
235

 

 

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