Il Trentino che viene (Trento, 21 febbraio 2009)

Di seguito proponiamo l’introduzione ed alcuni interessanti interventi del convegno di Trento del 21/2/09.

Si tratta del contributo di Stefano Mayr:

PRIVATIZZAZIONE DELL’ACQUA IN
TRENTINO. A CHE PUNTO SIAMO? 

e dell’intervento dell’assemblea antimilitarista contro la base di Mattarello (Rovereto): Negli ingranaggi della guerra. La base militare di Mattarello.

 

Qui invece rovi il già pubblicato: RASCHIARE
IL FONDO. LA POLITICA PROVINCIALE DEGLI IMPIANTI DI RISALITA, a cura di Folgaria 235

 

 Introduzione al convegno Il
Trentino che viene
(Trento, 21
febbraio 2009)

 

Abbiamo organizzato il convegno di oggi
per gettare uno sguardo d’insieme sugli attacchi che si stanno
abbattendo sul Trentino. Si tratta di un intento piuttosto ambizioso,
non lo nascondiamo. Passare dall’analisi dei singoli progetti (TAV,
impianti di risalita, inceneritore, base militare di Mattarello,
ecc.) ad una critica più generale al mondo che li produce non è né
semplice né scontato. Ma pensiamo che senza questo sguardo d’insieme
le lotte oggi abbiano il fiato corto. La devastazione che si sta
preparando è senza precedenti. L’immagine del Trentino terra
dell’uva e delle mele è un cartellone pubblicitario per i turisti.
Il futuro che si progetta per noi nei laboratori, negli studi
tecnici, negli uffici delle grandi imprese facciamo fatica persino a
immaginarlo.

Siamo quindi partiti da un’esigenza
che speriamo non sia solo nostra: quella di capire qual è il sistema
delle nocività, per intrecciare le ragioni delle
singole lotte in una resistenza più ampia, necessaria quanto
urgente. Non saranno, come abbiamo fatto tante volte, relazioni
dettagliate sui singoli progetti, ma riflessioni che mettono assieme
i vari tasselli.

Non siamo esperti, bensì persone
appassionate che studiano le nocività con uno scopo ben preciso:
combatterle. Ma per far questo pensiamo sia necessario, oltre al
rifiuto di adattarsi al mondo così com’è
(senza
un tale rifiuto la nozione stessa di “valore” non avrebbe alcun
senso), un certo gusto per la materialità: vale a dire una
conoscenza approfondita di ciò contro cui lottiamo (interessi in
gioco, argomenti di propaganda, trappole per gli oppositori, ecc.). 
 

I vari attacchi che prenderemo in esame
oggi hanno in comune, oltre alla devastazione ambientale che
comportano, un identico progetto di società
:
riducono la già magra autonomia reale degli individui (in termini di
controllo sulle risorse e sulla soddisfazione dei bisogni), sono
caratterizzati dal gigantismo di strutture e tecniche, dalla
centralizzazione, dalla monocultura industriale (monocultura del
paesaggio e delle menti), dalla distruzione del passato,
dall’irreversibilità delle conseguenze.

Salta agli occhi che la subalternità
delle forze politiche è trasversale, e che l’associazionismo
ambientalista istituzionale è complice o silente.

Siamo di fronte a grossi enti o gruppi
che determinano la nostra vita (i passaggi istituzionali sono una
mera formalità). Citeremo, tra gli altri, i casi di Trentino
Sviluppo e, rispetto agli scenari futuri, di Finmeccanica. Dove si
prendono realmente le decisioni politiche? Per fare un esempio
banale, non sarà certo sfuggito che, in cambio del proprio sostegno
elettorale a Dellai, gli impiantisti trentini si sono presentati a
riscuotere il credito subito dopo le elezioni: ed ecco la proposta di
provincializzare gli impianti di risalita.

Come emergerà dal problema dell’acqua,
sarebbe illusorio opporre una qualche gestione pubblica ai processi
di privatizzazione e di spartizione clientelare del potere. Interessi
privati e istituzioni politiche sono legati da intrecci
inestricabili. Di più: dalla difesa dello stesso mondo.

Due sono gli assi su cui si muove
l’analisi che tenteremo: uno noto (infrastrutturazione del
territorio), l’altro meno (l’entrata della tecnologia nel corpo
umano, il controllo e la manipolazione dei processi vitali delle
specie). Scenari inquietanti rispetto ai quali la critica in Trentino
sta appena balbettando. Metteremo assieme dati di fatto e ipotesi da
approfondire insieme.

Come si diceva poco fa, quello che ci
stanno imponendo è un progetto di società
,
non un insieme di opere e di tecniche. In modo sempre più evidente,
nessuna grande infrastruttura (pensiamo al TAV o all’inceneritore,
ma potremmo aggiungere, sul piano nazionale, il rilancio del
nucleare) risponde alle ragioni per cui viene propagandata. (Il
nucleare non è nato per far funzionare i termosifoni, ma per
fabbricare bombe atomiche: il progetto che lo sostiene non è
energetico, ma politico e sociale). Per questo limitarsi ad opporre
soluzioni alternative alle loro pseudo-soluzioni è un gioco senza
fine. Il loro argomento principe, quello che sostiene tutti gli
altri, si chiama forza. Del denaro, dei mass media e, se del caso,
degli eserciti.

Come impedire questo progetto di
società, questo Trentino che viene
? Non
abbiamo certo risposte belle e pronte da fornire, ma qualche buona
domanda da proporre.

 

PRIVATIZZAZIONE DELL’ACQUA IN
TRENTINO. A CHE PUNTO SIAMO?

di Stefano Mayr

L’acqua, uno dei componenti essenziali di ogni forma
di vita, viene trattata ormai ovunque come una merce. Le necessità
primarie della comunità sono sacrificate sull’altare del profitto,
giocando sibillinamente con i termini pubblico e privato. Ultimo
esempio è l’enunciato dell’art.23 bis della legge 133/2008,
convertito in legge dal parlamento con decreto di Tremonti, votato
praticamente da tutti: “pur restando la proprietà pubblica
delle reti (idriche), la loro gestione può essere affidata a
soggetti privati
”. Senza cadere in questa trappola è
importante sviluppare consapevolezza che l’acqua è e resta una
risorsa comune, la linfa vitale che interconnette le attività
primarie ed i rapporti personali.

Ma che cosa è successo e sta succedendo nella
“felice autonomia” del Trentino?

L’acqua, dopo decenni di uso allegro e disinvolto,
fatto di regali all’industria e all’agricoltura senza badare molto
agli sprechi e agli equilibri ambientali, viene oggi considerata un
bene di “rilevanza economica”, da gestire tramite società per
azioni, come ha magistralmente illustrato Marco Bersani sulle pagine
di “Questotrentino”. Le SPA, anche nel caso di totale capitale
pubblico, sono soggetti di diritto privato che devono rendere conto
agli azionisti, quindi devono farli guadagnare. Da circa un decennio
in Trentino si sta anticipando e sperimentando ciò che Tremonti sta
imponendo nel resto d’Italia: le società che controllavano il
servizio idrico confluiscono in gruppi via via più grandi, dove
entrano SIT di Trento, ASM di Rovereto, ASM di Brescia, etc. fino
alla nascita nel 2001 di Trentino Servizi spa. Oggi, con la fusione
di quest’ultima con Dolomiti Energia spa , nasce un colosso
denominato Dolomiti Energia spa, una delle più grandi multi-utility
del paese, con circa 700.000.000 di Euro di fatturato. Il gruppo in
cui entrano i comuni maggiori, società lombarde, fondazioni, A22 ed
altri azionisti gestirà, per ora, l’85% del mercato elettrico, l’80%
del gas e circa 2 terzi degli abitanti della provincia per quanto
riguarda l’acqua. Nel resto del Trentino si sta ragionando su
mega-acquedotti a livello di comunità di valle, azzerando proteste e
preoccupazioni dei singoli comuni.

Cosa significhi nella realtà una tale
concentrazione di potere in una s.p.a. è stato svelato con le ultime
bollette del metano della Trenta, maggiorate di onerosi e
spropositati anticipi sui consumi per fare cassa subito, prima che la
crisi vuoti ulteriormente le tasche ai cittadini.

Il meccanismo in ogni caso è semplice e ben rodato
in provincia: favorire i progetti di taglio medio-grande e limitare
il più possibile ogni forma di indipendenza idrica (e non solo).

Quanto sinteticamente illustrato è solo una delle
problematiche connesse con l’acqua ma ve ne sono molte altre che
hanno in comune le stesse logiche di spartizione e privatizzazione.

L’acqua ancora libera è persa, è uno spreco.

Basandosi su questa affermazione e sui canali di
finanziamento pubblico a disposizione è partita la corsa
all’accaparramento dei diritti di concessione per captazioni a scopo
idroelettrico, in tutto il reticolo idrografico tecnicamente definito
“residuo”. Tenete presente che è già stato captato a scopi vari
tra l’80 ed il 90% delle acque alpine e i corsi d’acqua intatti e
naturali sono meno del 10%. La Confindustria preme per la riduzione
del Deflusso Minimo Vitale negli impianti esistenti (e Dellai
prontamente si adegua), mentre proliferano società e cordate varie
in attesa di concessione con ottime prospettive di successo, perchè
“bisogna rispettare i parametri di Kyoto”, alzare le quote di
energia da fonti rinnovabili. Si svela qui l’inganno insito in questi
grandi vertici in cui, dietro il paravento di epocali cambiamenti di
indirizzo, in realtà si affinano nuove strategie per continuare a
sfruttare lo sfruttabile, sia pure con nuove e più costose
tecnologie.

E intanto l’acqua scompare.

Mentre si lotta per accaparrarsi il residuo, con la
scusa di adeguare le reti e con soldi pubblici si continuano a
finanziare impianti e bacini per l’innevamento artificiale, ad enormi
costi anche in termini di energia grigia (le strade, le opere,
l’acqua pompata da lago di Molveno in cima alla Paganella, o da
Terragnolo in cima alla Martinella, con dislivelli fino ad oltre 1000
metri). Per prolungare l’effimera stagione dello sci estivo si gioca
e si sperimenta anche con gli ultimi ghiacciai, ma per salvare la
risorsa turistica non la risorsa idrica! Intanto si progettano
gallerie che percorrendo la provincia in senso nord-sud (TAV o TAC
Verona-Brennero) o trasversale (Metroland) andrebbero a drenare le
già scarse risorse idriche attuali mettendo a rischio la
sopravvivenza e l’economia di intere vallate, dal momento che
l’esperienza insegna che ogni galleria provoca prosciugamenti di
sorgenti, abbassamenti di falda e alterazioni imprevedibili nel
reticolo idrografico ipogeo (Mugello, lago di Loppio, tunnel
Enel…).

E quella che resta è sempre più nera.

È cronaca di questi giorni il sequestro di
discariche zeppe di inquinanti, ma quanti sono gli sversamenti a
rischio favoriti dal lassismo del controllo pubblico che interessano
il territorio provinciale? E come si combinano con la distribuzione
di metalli, fertilizzanti e pesticidi nelle zone ad agricoltura
intensiva? La diffusione e la circolazione degli inquinanti nelle
acque, in particolare  ipogee, è poco prevedibile, specialmente
in un territorio con grandi sistemi carsici sotterranei, in cui gli
effetti si possono manifestare a lunga distanza, una circostanza che
favorisce lo sviluppo di ecomafie.

Conclusioni

Siamo pericolosamente vicini ad un punto di non
ritorno. Con meccanismi di assuefazione collettiva e di logoramento
della volontà di chi si oppone stanno cercando di portarci via la
poca acqua libera che rimane. Stanno togliendoci l’acqua, ma ci
illudono con le buone pratiche sul risparmio della risorsa,
distogliendo con azioni di buon senso l’attenzione dal problema
reale, cioè che il minor spreco si otterrebbe con la partecipazione
diretta alle scelte e con soluzioni diffuse a basso costo che
guardino anche al passato (pensiamo alle splendide macchine ad
acqua), rivisitato con gli occhi del presente. 

Dobbiamo rivendicare con forza il diritto alla
salvaguardia assoluta delle zone dove ancora sgorgano e scorrono
acque native, dove il naturale ciclo possa svolgersi senza
interferenze e proteggere dai nuovi rapinatori le ultime sorgenti,
impedendone il saccheggio con il presidio reale del territorio. Il
futuro dell’acqua è nelle nostre mani, nelle nostre azioni concrete,
nella nostra costanza e determinazione.

Stefano Mayr

 

 

 

Negli
ingranaggi della guerra. La base militare di Mattarello

a cura
dell’assemblea antimilitarista contro la base di Mattarello
(Rovereto)

 

 

Si
potrebbe dire, collegandoci agli interventi fatti finora, che la base
militare di Mattarello è una nocività che serve per difendere tutte
le altre. In questo intervento ci limiteremo a presentare il progetto
della base e – cosa secondo noi in genere trascurata ma necessaria
– il contesto in cui si inserisce. Della mobilitazione in corso per
impedirne la costruzione parleremo durante il dibattito.

 

Il
progetto della base

 

Come è
noto, governo e Provincia di Trento vorrebbero costruire, tra la
concessionaria Dorigoni a sud di Trento e l’aeroporto di
Mattarello, una base militare in grado di ospitare 1600 soldati di
professione. Una base estesa su circa 30 ettari di campagna, un vero
e proprio paese nel paese con alloggi, sala convegni, cinema, campi
sportivi, officine, armerie, poligono di tiro, ecc., più un’area
consistente (superiore al 30%) sottoposta a segreto militare.

Per via
del rischio di esondazioni dell’Adige, la cittadella militare
verrebbe rialzata con migliaia di metri cubi di porfido, causa di
emissioni nocive di radon: possiamo renderci conto dell’impatto
ambientale di un simile progetto, calato sulla testa della
popolazione.

Ma senza
trascurare l’aggressione al territorio (tutte le basi militari
inquinano con solventi e metalli pesanti), i costi (si parla di 400
milioni di euro) e i forti disagi creati ai suoi abitanti (convivere
con 1600 soldati non è uno scherzo), il punto fondamentale è che
una simile installazione serve ad uno scopo ben preciso: la guerra.

Finanziando
interamente la costruzione della base militare di Mattarello, la
Provincia di Trento è l’unica Provincia italiana ad avere a
bilancio una spesa di guerra.

Per
ampiezza, costi e caratteristiche (un villaggio militare di tipo
americano), la base di Mattarello è uno dei progetti italiani più
importanti sostenuti dall’esercito.

Teniamo
presente che i soldati di stanza nelle attuali caserme di Trento
hanno già partecipato a diverse operazioni di guerra (in particolare
nella ex Jugoslavia). Inoltre, le truppe degli Alpini hanno e avranno
un ruolo strategico in diversi conflitti che vedono o vedranno
presente l’esercito italiano (pensiamo all’Afghanistan). Queste
truppe trovano in Trentino un terreno ideale di addestramento.

Benché
l’accordo tra governo e Provincia di Trento risalga al 2002, solo
nell’autunno del 2007 si è cominciato a saperne qualcosa di più.
Come nel caso di altre grandi opere (ad esempio il TAV), si è
aggirata ogni discussione persino nell’ambito formale del consiglio
comunale e provinciale di Trento.

 

Il
contesto in cui si inserisce

 

Siamo un
po’ tutti abituati a considerare il Trentino una provincia sorniona
e periferica rispetto ai grandi progetti tecnologico-militari.
Ebbene, il futuro prossimo ci costringerà a modificare radicalmente
la nostra percezione.

Siamo
convinti che si stiano progettando e in parte già realizzando delle
trasformazioni profonde delle nostre valli.

Da una
parte, le nuove e gigantesche infrastrutture. La linea ferroviaria ad
Alta Velocità Verona-Monaco, l’inceneritore di Ischia Podetti, la
base di Mattarello, “metroland” (180 km di gallerie per una rete
di metropolitane di superficie). Dall’altra parte, gli intrecci tra
l’esercito, la ricerca tecnoscientifica e la produzione
industriale. Che rapporti esistono – tanto per fare un esempio –
tra la cittadella militare di Mattarello (che vorrebbero costruire a
fianco di un aeroporto civile), il progetto di un centro di ricerca
in Trentino della Finmeccanica (il più grande produttore italiano di
armi, in particolare aerospaziali) e un nuovo stabilimento a Grigno
della Forgital (ditta vicentina specializzata nella produzione di
componenti aerospaziali, per lo più a scopo militare)? E ancora, che
rapporti esistono tra la base di Mattarello, quella vicentina al Dal
Molin e la Pi.ru.bi (l’autostrada Schio-Trento)? Senza contare che
rimane aperto il progetto di un centro turistico per Marines nel
Tesino e che una delle tratte all’aperto del TAV (la sola, tra
l’altro, in cui è progetta l’interconnessione con la linea
ferroviara attuale) in provincia di Trento è prevista proprio di
fronte alla zona individuata per costruire la base di Mattarello.
Come si può notare, siamo di fronte a qualcosa di ben più ampio e
inquietante di una semplice “razionalizzazione urbanistica”, come
continuano a sostenere in modo grottesco sindaco e assessori di
Trento a proposito delle “caserme di Mattarello”. 

 

Finmeccanica
in Trentino?

 

È di
qualche mese fa la notizia di un dialogo per un accordo tra la
Provincia di Trento e Finmeccanica (colosso italiano dell’industria
militare). Si tratta di un progetto di ricerca, in collaborazione con
la Fondazione Bruno Kessler, nel campo delle cosiddette “energie
alternative” e dei satelliti. Ma perché aprire una sede proprio in
Trentino? Perché, come afferma il presidente di Finmeccanica, “qui
le leggi potete farvele voi e questa è una sicurezza per le imprese
interessate a svilupparsi”. E Finmeccanica di affari e di sviluppo
se ne intende.

Posseduto
per il 32, 45 % dallo Stato, questo gigante industriale è il primo
produttore italiano di armi e il settimo a livello internazionale,
con sedi in tutto il mondo, un organico di circa 60.000 addetti e un
fatturato annuo che si aggira sui 15 miliardi di euro. Il gruppo è
costituito da 19 imprese, tra cui spiccano leader europei nel campo
della produzione di velivoli militari, come l’Alenia Aermacchi; di
missili, come la MBDA; di artiglieria navale e terrestre, come la
OTOMELARA; di aerei militari, come la Alenia Aeronautica. Il peso di
questa multinazionale italiana è tale da aver condizionato tutte le
manovre finanziarie in fatto di spese militari. La ragione non è poi
così misteriosa. Un produttore di armi ha costantemente bisogno di
nuove commesse e di nuovi campi di ricerca. Un produttore di armi ha
bisogno di guerre per vendere i propri prodotti, di usare gli
armamenti per rilanciare la produzione. E il mercato funziona, come
dimostra il coinvolgimento di tutte le più grosse banche italiane e
internazionali. Proprio di recente, in un elenco di vendite tanto
angosciante quanto freddo, figurano 18 elicotteri forniti alle forze
armate del Qatar.

Con
l’investimento annuo di 1,836 miliardi di euro nella ricerca e
nello sviluppo, Finmeccanica è all’avanguardia nelle tecnologie
belliche e di controllo, specie quelle aerospaziali. Non solo.
Assieme alla canadese Bombardier (un nome, un programma),
Finemeccanica si è aggiudicata un’importante commessa per la
costruzione di treni ad alta velocità. Guarda caso in Trentino
vorrebbero costruire una nuova linea del TAV.

I
confini tra la ricerca civile e quella militare (pensiamo proprio ai
satelliti, o anche alle nuove fonti di energia) sono estremamente
labili. Nei laboratori high tech, d’altronde, chi controlla
chi? 

Per
questo viene automatico collegare un centro di ricerca di una società
che fa della sperimentazione militare il proprio cavallo di battaglia
(pensiamo alla costruzione di velivoli di attacco), con l’aeroporto
di Mattarello e la base militare che vorrebbero costruirgli davanti.

La
Forgital ha vinto qualche mese fa, assieme alla torinese TCS Group,
un appalto per produrre componenti per i cacciabombardieri F-135. Si
tratta di cacciabombardieri concepiti apposta per poter decollare e
atterrare anche su piccole superfici (proprio come l’aeroporto
civile di Mattarello).

Per
quanto riguarda la ricerca tecno-scientifica, il Trentino sta
diventando un importante terreno di conquista. Stanno assemblando i
vari pezzi delle cosiddette tecnologie convergenti (facoltà di
scienze cognitive a Rovereto, il centro Microsoft più importante
d’Europa sulla bio-informatica vicino a Trento, nuova facoltà di
biotecnologia e, da poco, un laboratorio di nanotecnologie –
settore, questo, in cui è ben presente Finmeccanica). (Ma di questo
parlerà l’ultimo intervento del convegno.) Sembra un mosaico degli
orrori. Un ultimo esempio è che l’ex IRST (oggi Fondazione Bruno
Kessler) sta lavorando, in accordo con l’università di
Gerusalemme, alla creazione di un computer atomico le cui
applicazioni sarebbero principalmente militari (dai vari ministeri
della Difesa arrivano infatti i finanziamenti maggiori). Trentino:
terra delle mele e dell’uva?

 

A che
punto siamo?

 

Per il
momento, i lavori veri e propri per costruire la base non sono ancora
cominciati: si parla del 2010 (da concludere entro il 2015). Sono
però già cominciati alcuni lavori preliminari (sbancameto di una
parte di meleti, costruzione di un terrapieno). Entro l’autunno del
2009 vorrebbero completare la recinzione dell’area (che costerebbe,
da sola, più di 360 mila euro e che è stata assegnata alla ditta di
Trento e Verona Nuova Bitumi s.r.l.). Non si è ancora conclusa la
gara di appalto per l’assegnazione dei lavori veri e propri della
base.

Dopo i
blocchi dei lavori di giugno e ottobre, le manifestazioni e le altre
iniziative, la partita è ancora tutta da giocare.

 

21
febbraio 2009

assemblea
antimilitarista contro la base di Mattarello (Rovereto)

 

 

 

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