dal gazzettino del 27/6/08

CHIES D’ALPAGO Accorato appello dei comitati alla Provincia contro la concessione che aumenta lo sfruttamento
«Cava Manera uccide il turismo»
Gli ambientalisti: «Sulla strada Mont Pianon escursionisti e decine di camion assieme»
Chies D’Alpago

«Chiediamo un ripensamento e che prima di decidere con un sì all’ampliamento della coltivazione della cava di Manera, vengano soppesate bene tutte le implicazioni che tale decisione comporta».

A
chiedere una sospensione del giudizio, sono Gianni Bortoluzzi e Fabio
Gasperini, a nome dei vari Comitati costituitosi in Alpago in questi
anni per opporsi all’ampliamento della cava di Manera, in comune di Chies d’Alpago.

Alcune
notizie. La I.M.A. (Industria Mineraria dell’Alpago) di Ponte nelle
Alpi è già titolare di una convenzione che scadrà nel 2013 e che le
permette di coltivare la cava di
marmorino, una pietra pregiata; ma nell’agosto del 2007 la stessa
I.M.A. ha chiesto un ampliamento della concessione che non partirebbe
nel 2013, ma sostituirebbe quella esistente. La concessione vigente
autorizza la coltivazione di 1.516.000 metri cubi, ma al momento la
quantità estratta è minima e per i prossimi sei anni rimangono da
estrarre 1.300.000 metri cubi. Poco meno della quantità richiesta per
l’ampliamento che è di 1 milione e 600.000 metri cubi.Dopo un primo
rinvio per approfondimenti circa gli aspetti della viabilità, la
commissione cave provinciale si riunirà nuovamente martedì mattina; il
presidente della stessa è l’assessore Bepi Pison che ha ricevuto la
delega dal presidente della Provincia Sergio Reolon.

I
Comitati ambientalisti dell’Alpago chiedono alla commissione di
concedersi un po’ di tempo in più per decidere, un ripensamento per
avere il tempo di valutare aspetti finora, forse, trascurati. «Sulla
richiesta di ampliamento della coltivazione della cava
di Manera – dicono Bortoluzzi e Gasperini – si è già espresso il
consiglio comunale: ha detto sì. Ma lo ha fatto senza acquisire
precedentemente il doveroso, per legge, parere della neo ricostituita
regola di Monte Salatis, che è proprietaria del sito».

Va
anche ricordato che il consiglio comunale di Chies d’Alpago dello
scorso 17 dicembre si è espresso in questo modo circa l’ampliamento
della coltivazione della cava : 5
sì, 3 no, 5 consiglieri sono usciti al momento del voto per
incompatibilità. Un esito non "bulgaro", che permette di evincere che
qualche problema questa decisione l’ha già sollevato.

«E
lo stesso Comune pare essersi, per così dire, distratto rispetto alle
sue intenzione di sviluppo – proseguono i rappresentanti dei Comitati –
perché mentre nel 2004 ha avviato la procedura per ottenere dei fondi
per il progetto turistico interregionale "Monte Cava
llo" (una quota del 70% del progetto, pari a 201mila euro, sono già
arrivati dalla Regione nel bilancio comunale lo scorso dicembre ndr),
ora, con il voto di consiglio, sostiene il progetto di ampliamento
della cava ».

Dove’è il problema? Il progetto Monte Cava
llo intende sviluppare un tipo di turismo sostenibile, e lungo la
strada Mont-Pianon (la stessa che compare nella foto a fianco
pubblicata), dovrebbero contemporaneamente transitare non solo
biciclette, pedoni e camper per i quali, proprio per favorire il
turismo, è prevista la realizzazione di piazzole di parcheggio, ma
anche i bilici che fanno la spola fra la cava
a cui si ha accesso propria dalla strada Mont-Pianon e la ditta che
lavora il materiale estratto. E magari, di prima mattina, chi ancora
dorme nei camper sentirà lo scoppio delle mine a due passi. E che il
progetto Monte Cava llo sia in
piedi, sia ancora in piedi, lo testimonia anche il fatto che la somma
per la sua realizzazione è stata messa a bilancio per le opere da
realizzare nel triennio 2007-2009.

Ultima chicca. Vicino alla cava di Manera, a cui si accede da una strada stretta, dissestata e che risente dei numerosi passaggi dei bilici, vi è anche la cava di Col de le Fratte, in comune di Tambre. L’accesso? Dalla stessa strada di cicloturisti e camper.

«Nessuna guerra santa – ripetono Bortoluzzi e Gasperini – ma un ripensamento».

Giovanni Santin

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