Grand Hotel Marmolada. Uno sfregio Così si distrugge l’anima della montagna

Grand Hotel Marmolada. Uno sfregio

Così si distrugge l’anima della montagna

La «Regina delle Dolomiti» rischia di diventare un inutile non-luogo kitsch

Il progetto del nuovo villaggio
turistico che la famiglia Vascellari (uno dei suoi esponenti,
Valentino, è presidente degli industriali di Belluno)
vuole costruire
ai piedi della Marmolada, sul versante di Rocca Pietore (di là della
Fedaia) dove è il posteggio della funivia che, in tre tronchi, porta
fino ai 3.265 metri di Punta Rocca, dopo essere stato contestato
pressoché da tutti gli operatori turistici del Bellunese è approdato
alle pagine dei quotidiani nazionali. E non per caso.

A partire dal nome (Grand Hotel
Marmolada Wellness, mentre si tratta di un villaggio in quota composto
da 54 chalet) tutto è equivoco in questa iniziativa miliardaria, che
non solo distrugge l’ambiente in Marmolada (ciò che ne rimane dopo un
saccheggio quarantennale), ma gli stessi criteri che hanno fatto – e
fanno – la fortuna del comprensorio sciistico dolomitico. Sulle tre
province di Belluno (60 per cento), Bolzano (25 per cento) e Trento (15
per cento), le Dolomiti sono un «pezzo unico» a livello mondiale. Non
tanto perché l’Unesco voglia dichiararle «Patrimonio dell’Umanità»
(sono tutti d’accordo tranne gli speculatori e gli immobiliaristi
locali), quanto perché unisce la massima concentrazione mondiale di
impianti di risalita, la massima concentrazione di posti letto, alla
(ancora) massima naturalità e bellezza dell’ambiente circostante. E
soprattutto si reggono – le Dolomiti – su un’economia diffusa che non
teme crisi. Sono, infatti, famiglie le proprietarie delle case e degli
alberghi, persone che vivono sul territorio, ci lavorano, non si
limitano a succhiarne gli utili finanziari.

Sono i paesi il fulcro dello
sviluppo e del benessere, non i villaggi in quota, i «non luoghi»
clonati, che devono essere svenduti.

Ora l’ambiente di Malga
Ciapela, ma più ancora questo sistema forte di economia montana, è
messo a rischio dall’ennesima iniziativa di un gruppo finanziario, che
da quasi un secolo drena risorse al territorio dolomitico e bellunese,
probabilmente intascandone buoni profitti, ma certamente senza capirne
lo spirito, e senza sapersi adeguare ai tempi. I Vascellari, infatti,
promotori del nuovo «Grand Hotel Marmolada Wellness», a parte quel
«wellness» così «kitsch» (come il prezzemolo ormai condisce ovunque
anche le baracche con sauna) presentano un progetto del tutto
fuorviante.

 

Perché non si tratta di un
albergo, ma di un villaggio turistico con 100 (cento, come riporta
Jenner Merletti su «Repubblica» di giovedì scorso) appartamenti nel
palazzo centrale e 54 «chalet», che vuol dire ancora appartamenti e
casette, più centro benessere, sala congressi, piscine, negozi e
palestre come contorno. Il consueto armamentario del marketing
imbonitore. Peraltro i Vascellari, nelle Dolomiti, prima hanno
sfruttato le risorse idroelettriche, poi dopo il 1963, con i cospicui
indennizzi della nazionalizzazione, hanno costruito la funivia di Malga
Ciapela, che avrebbe dovuto lanciare a livello mondiale la Marmolada,
mentre le ha tolto il fascino di una conquista graduale e personale.

 

Neppure la visita «promozionale»
di Giovanni Paolo II nel 1978, per lo meno incauta da parte del
rimpianto pontefice, valse a restituire smalto ad una «Regina delle
Dolomiti» ormai schiava del consumismo, imprigionata dai cavi
d’acciaio, giustamente vendicata dai mutamenti climatici che ne hanno
messo in crisi lo sci estivo.
Fra pochi anni il ghiacciaio,
assottigliato e spezzato, non esisterà più. Quando di una montagna si
distrugge l’anima, restano solo i sassi fra le mani. Un materiale
difficile anche da vendere, visto che è solo a questo che si pensa.

 

Ora il villaggio «wellness»
conferma che la montagna, in quanto tale, non serve più. La si usa come
«trailer» promozionale, sperando che lassù salga qualcuno a farsi
massaggiare.

In realtà il progetto
«villaggio» va esaminato con più attenzione per una serie di ragioni.
La prima è che esso rimarca il fallimento delle precedenti iniziative
turistiche sulla Marmolada. L’albergo di Malga Ciapela, forse unico
nelle Dolomiti, è apparso le scorse estati sugli inquadrati
pubblicitari di giornali nazionali a prezzi stracciati, quasi come
«saldo» di stagione. Segno che si faceva fatica a riempirlo. La
posizione non bastava, la funivia non bastava, lo sci non bastava. Ma
allora perché dovrebbe funzionare il nuovo albergo, con il ghiacciaio
che si ritira anno per anno? Tutti poi, nelle Dolomiti, sanno che il
segreto delle frequenze turistiche non sta tanto negli alberghi sempre
più barocchi, ma nell’«effetto paese». Nella cordialità di vita, di
storia, di ambiente, che circonda gli alberghi, le case, le strade.
 Ebbene, l’iniziativa Vascellari, fra i tanti suoi demeriti, ha anche
quello di «sradicare», annullare, un paese, Rocca Pietore, costruendone
accanto uno «copia e incolla». Ha un bel dire il sindaco, evidentemente
vassallo dei Vascellari, che incasserà l’Ici. Ah! Si fa un’operazione
simile per l’Ici? E chi risarcirà chi si è comperato in questi anni un
alloggio a Rocca Pietore e lo vedrà depauperato da un complesso
destinato a rimanere vuoto e spettrale per mesi ogni anno? E cosa
accadrà quando, fra dieci anni, gli chalet «alberghieri» potranno
diventare casette private?

 

Gli albergatori bellunesi (la Federalberghi) giustamente sono insorti
contro la costruzione di questo «non albergo», «non luogo», di questa
mistificazione speculativa ai piedi della Marmolada, che costituisce un
insulto a tutta la tradizione dell’ospitalità locale. Ma il problema
non riguarda solo Belluno, bensì tutto il comprensorio dolomitico. Se
si fa strada la prassi dei saldi insediativi di stagione, se le
Dolomiti di Belluno, Trento e Bolzano invece di basarsi sulle famiglie,
sul lavoro, sul territorio, si avviano verso i «non luoghi»
intercambiabili, scontabili come i villaggi a Sharm el Sheick, che ogni
anno costano meno e annoiano di più, il futuro non sarà certo roseo. Il
Trentino ha saputo bloccare, ancora negli anni Settanta, la
proliferazione dei micidiali villaggi in quota (Marilleva,
Fassalaurina) l’Alto Adige li ha sempre evitati. Belluno, con la sua
esemplare tradizione alberghiera di ospitalità, non può inseguirli.

E poi la Marmolada non può essere lasciata a queste erosioni da rapina.

 

Franco de Battaglia

Trentino, 10 gennaio 2008

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2 Responses to Grand Hotel Marmolada. Uno sfregio Così si distrugge l’anima della montagna

  1. Chiara says:

    Non riesco ad esprimere la mia indignazione per quello che stanno progettando per Malga Ciapela, località che già troppo ha pagato e che ora meriterebbe di essere rilanciata e alle volte, nel mio piccolo, credo che non servano dei progetti grandiosi che invece rischiano di snaturare ancora di più questa nostra povera montagna.

  2. Salve, sono la Presidente di Legambiente Trento e anche educatrice ambientale e divulgatrice e giornalista free lance. Concordo: la Marmolada e le Dolomiti hanno bisogno di mantenere e semmai consolidare e formare alla competitività intorno alla qualità e alle competenze territoriali una struttura il più possibile familiare e diffusa dell’economia turistica, queste opere sarebbero solo uno sfregio inutile e dannoso per la Regina delle Dolomiti. Vascellari & C. continuano a non capire cosa sia utile per l’economia delle sue zone.

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