rassegna stampa sull’autostrada cadore-carnia

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discarica a peraruol, dal gazzettino 09/7/08


SAN VITO Si profila l’emergenza all’impianto dell’ex cava della
Vallesella. Con gli attuali ritmi di conferimento non rimane davanti
che un’anno e mezzo
Discarica inerti, conto alla rovescia per la chiusura
L’amministratore Gescom: «Ne deriverà una riduzione dell’attività edilizia della zona. Comune e Regole trovino un altro sito»
San Vito

Dopo la discarica per inerti di Perarolo
, toccherà chiudere a quella di San Vito, una delle più importanti
della provincia? E’ il nuovo grido di allarme che Fabrizio Zandanel,
l’amministratore unico della Gescom che gestisce l’impianto sanvitese,
rilancia a Comune e Regole sanvitesi, «che devono darsi da fare
seriamente per dare vita ad un nuovo sito da destinare a discarica di inerti; a Perarolo è giunta da parte dell’"ISE" (Impianti Smaltimento Estrazione) la comunicazione che la discarica
di rifiuti inerti ha sospeso i ritiri a causa del mancato rinnovo
dell’autorizzazione. Potrebbe toccare presto a San Vito». Zandanel
conferma lo stato di emergenza della discarica
dell’ex cava della Vallesella in quanto essa «è in fase di chiusura
perchè il tempo stimato per il suo esaurimento, con gli attuali ritmi
di conferimento, è di circa 80 – 90 settimane». Significa che a Perarolo
non è stato rinnovato il permesso? «Significa che la situazione era
grave, altrimenti la provincia avrebbe concesso una proroga, come ha
fatto con la nostra; da questo si può ragionevolmente prevedere che la
riapertura di Perarolo non sarà imminente». E’ altrettanto evidente, continua Zandanel, che i conferimenti che fino ad ora andavano a Perarolo verranno dirottati a S.Vito almeno per una buona metà, contribuendo così all’accorciamento della vita utile della discarica
sanvitese. Attualmente a San Vito scaricano circa 180/200 camion al
giorno, il 95% dei quali provenienti da Cortina. Le previsioni di
Zandanel sono nere: «Chiusa la nostra discarica
c’è il rischio concreto di riduzione dell’attività edilizia, di un
aumento dei costi di costruzioni con conseguenze occupazionali
prevedibilmente negative, oltre ad un passaggio di mezzi pesanti per
l’intera vallata del Boite fino alle discariche della pianura. Anche
l’Ascom mi ha telefonato preoccupata: ho avuto un incontro informale
con un funzionario a cui ho illustrato le problematiche». Allo stato
attuale, quello che preoccupa maggioramente è che il comune perderà un
introito annuo di circa 600.000 euro che moltiplicato per almeno 8/9
anni di presunta durata della nuova discarica
determinerà una perdita di quasi 5.000.000 euro. Come è stato riferito
altre volte, a San Vito, la ricomposizione ambientale della ex cava di
giaia della Vallesella, da cui è stata ricavata la discarica
, sta per essere ultimata. Questione di qualche anno. Il problema
assillante è quello di attivare un altro sito su cui far convergere gli
inerti della valle del Boite, da Cortina a Vodo. Sono decine e decine
di camion di materiali che quasi quotidianamente impegnano la strada
statale: il nuovo sito dovrebbe quindi trovarsi in posizione
baricentrica, non vicino ai centri abitati, comoda per l’accesso dei
mezzi. «Sì, ma sempre in territorio di San Vito», aveva detto il
sindaco, che non aveva nascosto la sua preoccupazione per la gravità di
un problema non dei più agevoli da risolvere. A San Vito, parlare di
nuovi siti significa chiamare in causa le Regole, proprietarie della
maggior parte del territorio. «Noi non siamo stati con le mani in mano
e ci siamo dati da fare», ha detto Piero Menegus, il presidente;
«abbiamo già individuato un sito, al di là del Boite, da utilizzare
come ricomposizione ambientale e in grado di soddisfare le esigenze per
alcuni anni; l’iter è già avviato ma il Comune dov’è?». Da parte sua,
Fabrizio Zandanel ricorda di aver sollecitato più volte Comune e Regole
ad affrontare insieme la questione: «per aprire una nuova discarica
ci sono da affrontare adempimenti tecnici e burocratici che dureranno
almeno due anni, se non di più. Abbiamo l’acqua alla gola».

Bortolo De Vido

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dal gazzettino 6/7/08

Iniziativa a salvaguardia dell’ambiente
Agricoltura biologica raccolte mille firme
No a pesticidi e preparati chimici
Cesiomaggiore

(A.D.)
Petizione per salvaguardare il territorio dalla colture intensive: le
firme raccolte sono ormai più di mille. Prosegue in tutto il territorio
cesiolino l’atto di sensibilizzazione nei confronti dell’ipotesi
dell’arrivo delle colture intensive a Calliol. Presto potrebbero essere
coinvolti nella raccolta firme promossa dai produttori cesiolini anche
i Comuni vicini e in Sinistra Piave. Mille firme raccolte in poche
settimane non sono certo poche, e se a queste si aggiungesse anche
quato pronosticato recentemente dall’amministrazione comunale, di
approvare cioé una serie di ordinanze a carattere "protettivo" per
quanto riguarda una coltura tradizionale e biologica, Cesio potrebbe
realmente porsi alla testa di un movimento che in Provincia si schiera
per la difesa dei prodotti agricoli locali. Il primo passo di
sensibilizzazione è stato fatto: raccogliere le firme dei cittadini
contrari a un insediamento di tipo intensivo, un invito rivolto dai
promotori a tutta la cittadinanza, per essere soprattutto d’appoggio
all’Amministrazione affinché quest’ultima faccia scelte che possano
salvaguardare al meglio territorio e colture tradizionali. A promuovere
l’iniziativa non soltanto i produttori agricoli, ma famiglie e
residenti nel territorio, preoccupati che una modalità di coltura
basata su pesticidi e diserbanti possa risultare, come è già stato provato per esempio in Val di Non in Trentino, realmente nociva per la salute.

 

per approfondimenti vedi il sito di ecce terra 

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dal gazzettino 6/07/08

Ultimi giorni per il tratto A23 – A27
Atteso fra qualche settimana l’arrivo dell’assessore Chisso. Sempre vivo il "progetto Assindustria"

Quindici-venti giorni
ancora per conoscere il futuro dell’autostrada bellunese.Entro fine
luglio Renato Chisso, assessore alle Politiche della Mobilità e
Infrastrutture della Regione Veneto, salirà in provincia per chiarire
gli ancora molti dubbi legati alla realizzazione di un’infrastruttura,
il collegamento tra A23 e A27, da molti considerata vitale e per la
quale, come evidenziato dal nostro giornale nei giorni scorsi, un pool
di imprenditori italiani ha già presentato il progetto finanziario.

Uun investimento in cambio di uno sfruttamento delle entrate dei pedaggi per una trentina d’anni.

A
confermare l’ormai imminente annuncio di Chisso, al quale ieri proprio
dalle pagine del Gazzettino si era rivolto il sindaco di Longarone
sollecitando un chiarimento, sono fonti vicine all’assessorato
regionale.Chisso dovrebbe così illustrare quella realtà già in essere e
che corrisponde al progetto (4 miliardi di euro complessivi, 800
milioni di euro per il tratto Pian di Vedova e Macchietto), presentato
a cura di Assindustria Belluno in collaborazione con le analoghe
associazioni di Treviso, Pordenone e Udine nel luglio di un anno fa.

Il
progetto prevede il prolungamento dell’autostrada fino a Macchietto e,
di qui, il collegamento a Forni di Sopra e dunque a Tolmezzo.Un
collegamento strategico che darebbe alla provincia di Belluno la
possibilità di essere direttamente collegata ad un sistema
trasportistico aperto verso le direttrici di maggior interesse sotto il
profilo economico e turistico.Tecnicamente, si tratta di 80 chilometri
di percorso, un terzo dei quali in provincia.Circa il 60 per cento è
previsto in galleria. Pio Paolo Benvegnù, vicepresidente di
Assindustria Belluno, non pare dare più di tanto peso né agli allarmi
lanciati in questi giorni né ai ritardi nel comunicare le decisioni da
parte della Regione Veneto.

«Credo
che Galan e Chisso in questo periodo abbiano la mente distratta da
altri problemi afferma il numero due degli industriali bellunesi, con
chiaro riferimento alla guerra in corso tra Forza Italia e Lega in
Regione e agli attacchi cui da più parti è fatto segno il governatore
Noi di certo non molliamo, anche se le resistenze, come quelle degli
ambientalisti, di certo non mancano».«Il progetto e gli imprenditori
pronti a finanziarlo ci sono dice ancora Benvegnù e la sintonia con il
presidente della Regione Friuli, Tondo, è piena. Credo che a breve
anche la posizione della Regione Veneto si chiarirà. Del resto, non
scopro io che i tempi della politica e quelli dell’imprenditoria non
sempre collimano».Ilario Tancon

 

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NO TAV! STOP BBT!

*"SENZA SE E SENZA MA"*

Così si intitola un video di 26 minuti girato dal comitato STOP-BBT di Prati
di Vizze (Vipiteno).

Un video che racconta come è nata l’opposizione di un intero paese al tunnel
di base del Brennero, prima parte del TAV Verona-Monaco.

Un video che racconta come le gallerie del TAV Firenze-Bologna abbiano
lasciato diverse zone del Mugello senz’acqua.

Un video che ci mette in guardia su quello che potrebbe accadere in Trentino
se l’inutile e devastante progetto dell’Alta Velocità ferroviaria non
venisse fermato.

Il video sarà presentato da una partecipante al comitato STOP-BBT, la cui
lotta ha fatto sì che in Val di Vizze – notizia degli ultimi giorni – non
verrà realizzata alcuna galleria del TAV.

*PROIEZIONE E DIBATTITO*
*
MERCOLEDI’ 2 LUGLIO, ORE 20,30*

*AUDITORIUM DELLA CASSA RURALE, ALA*
organizza lo spazio aperto NO Inceneritore NO TAV

notavtn.blogspot.com

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dal gazzettino del 25/6/08

LONGARONE Botta e risposta
Metalba, la Provincia minaccia azioni penali
Sul nuovo forno l’ente diffida la ditta
Longarone

Dalle parole ai fatti. La Provincia di Belluno diffida la Metalba
(in foto) per il nuovo forno da 30 tonnellate e invia la segnalazione
alla Procura della Repubblica di Belluno dichiarandosi pronta ad azioni
penali.

«Al termine di una lunga serie di verifiche amministrative – viene spiegato da Palazzo Piloni – abbiamo diffidato Metalba
spa di Fortogna a regolarizzare l’installazione del nuovo forno di
fusione alluminio. La diffida, prevista dall’articolo 11 comma 9 del
decreto legislativo 59 del 2005, riguarda l’esercizio di un impianto di
fusione alluminio installato in assenza di autorizzazione integrata
ambientale. L’impianto, costituito da un forno della capacità di 30
tonnellate, rappresenta modifica sostanziale dell’impianto di fusione
esistente. Contestualmente abbiamo dato comunicazione alla Procura
della Repubblica di Belluno per gli eventuali provvedimenti di
carattere penale».

Una
presa di posizione ferma che non può che essere accolta con entusiasmo
dal Comitato che riunisce gli abitanti di Fortogna che si oppongono a
questo tipo di insediamento. «Apprendiamo con piacere della diffida –
viene sottolineato al Comitato – ma si sappia che il nuovo forno sta
continuando a funzionare. Con i tanti spiacevoli disagi che ne
derivano: rumore, polvere, fumo. È inconcepibile questa collocazione in
mezzo alle case. E ancor più incomprensibile è il fatto che a Longarone
si tolleri questa situazione mentre negli stabilimenti del gruppo di
Bassano e di Marcon questa lavorazione è stata opportunamente
allontanata. Siamo forse noi cittadini di serie B?».

Da
parte sua la Uilm-Uil, unica rappresentanza sindacale presente in
azienda, preferisce non commentare. Il segretario provinciale Paolo Da
Lan, nel dire che questa azione della Provincia non lo sorprende e che
si sarebbe invece meravigliato se non ci fosse stata, fa sapere che
«come organizzazione sindacale ci siamo affidati allo studio legale
Colle affinché tuteli i diritti dei lavoratori».

Raffaella Gabrieli

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dal gazzettino del 26/6/08

LONGARONE Dopo l’azione della Provincia
Diffida a Metalba «Non criminalizzateci»
Parla il legale dello stabilimento
Longarone

All’indomani della diffida della Provincia di Belluno nei confronti della Metalba
a regolarizzare l’installazione del nuovo forno di fusione alluminio,
l’azienda preferisce far parlare il proprio legale. L’avvocato Loris
Tosi spiega che «siamo di fronte a qualcuno che, nemmeno tanto tra le
righe, vuole allontanare la Metalba
dall’area industriale di Fortogna. Si tratta di una vera e propria
criminalizzazione dell’attività di questa fabbrica che invece ha
sempre, e in qualunque ambito, agito rispettando le norme vigenti».

A
cominciare dagli inizi degli anni Settanta quando si è insediata in
loco sino a giungere alla realizzazione del nuovo forno della capacità
di 30 tonnellate. «La sua creazione – afferma Tosi – ha seguito pari
pari le indicazioni di legge nonché quelle posteci proprio dalla
Provincia che oggi contesta non solo la struttura ma, diciamolo,
l’esistenza stessa dell’azienda. Una realtà seria e concreta che
figuriamoci se non è in possesso di tutte le autorizzazioni del caso
prima di dar vita a un colosso del genere che ha dei costi e che non si
può smontare certo dall’oggi al domani come se nulla fosse. La riprova
del fatto è che in sede di procedimento di impatto ambientale con la
Provincia si è a lungo parlato del forno ancora vari mesi fa. E nulla
finora era mai stato eccepito mentre adesso, sorprendentemente, vi è
una diffida».

Da qui la richiesta della Provincia alla Metalba
di fornire tutta una serie di documenti che, come evidenzia l’avvocato
Tosi, «hanno del paradossale. Si pensi, ad esempio, che è stato
richiesto di fare la valutazione comparativa dei costi relativi a un
nostro ipotetico trasferimento. Peccato che non vi sia la minima idea
di spostare l’attività. Altro esempio sul rumore: l’ente vuole avere
mappature, isolivelli acustici, grafici. Il tutto in riferimento al
giorno e alla notte, nonché sia alla situazione attuale che agli
storici pregressi. Già solo a leggere tutte queste istanze, lunghe sei
pagine, serve un traduttore tanto specifiche e tecniche sono. Si
pretende un malloppo di documentazione la cui produzione, attraverso
degli specialisti, verrà a costare un piccolo patrimonio per l’azienda.
Tra l’altro con un enorme dispendio di tempo. E con il timore che in
qualunque risposta daremo ci sarà comunque qualche cavillo che punta a
scavare la fossa attorno alla fabbrica».

Il
timore di Tosi è che a essere messi a repentaglio sono i posti di
lavoro. Sia degli operai di Fortogna che di quelli di Bassano la cui
lavorazione deriva direttamente da quella fatta in loco. «È come se Metalba
– commenta il legale – stesse aprendo una fabbrica di cianuro nella
Basilica di S. Pietro. Mentre in realtà la lavorazione compiuta,
altamente tecnologica, è pulita e assolutamente non inquinante. Con le
logiche con cui ci stiamo scontrando è inevitabile che nel Bellunese
non resterà nessuna fabbrica».

Raffaella Gabrieli

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dal gazzettino del 27/6/08

CHIES D’ALPAGO Accorato appello dei comitati alla Provincia contro la concessione che aumenta lo sfruttamento
«Cava Manera uccide il turismo»
Gli ambientalisti: «Sulla strada Mont Pianon escursionisti e decine di camion assieme»
Chies D’Alpago

«Chiediamo un ripensamento e che prima di decidere con un sì all’ampliamento della coltivazione della cava di Manera, vengano soppesate bene tutte le implicazioni che tale decisione comporta».

A
chiedere una sospensione del giudizio, sono Gianni Bortoluzzi e Fabio
Gasperini, a nome dei vari Comitati costituitosi in Alpago in questi
anni per opporsi all’ampliamento della cava di Manera, in comune di Chies d’Alpago.

Alcune
notizie. La I.M.A. (Industria Mineraria dell’Alpago) di Ponte nelle
Alpi è già titolare di una convenzione che scadrà nel 2013 e che le
permette di coltivare la cava di
marmorino, una pietra pregiata; ma nell’agosto del 2007 la stessa
I.M.A. ha chiesto un ampliamento della concessione che non partirebbe
nel 2013, ma sostituirebbe quella esistente. La concessione vigente
autorizza la coltivazione di 1.516.000 metri cubi, ma al momento la
quantità estratta è minima e per i prossimi sei anni rimangono da
estrarre 1.300.000 metri cubi. Poco meno della quantità richiesta per
l’ampliamento che è di 1 milione e 600.000 metri cubi.Dopo un primo
rinvio per approfondimenti circa gli aspetti della viabilità, la
commissione cave provinciale si riunirà nuovamente martedì mattina; il
presidente della stessa è l’assessore Bepi Pison che ha ricevuto la
delega dal presidente della Provincia Sergio Reolon.

I
Comitati ambientalisti dell’Alpago chiedono alla commissione di
concedersi un po’ di tempo in più per decidere, un ripensamento per
avere il tempo di valutare aspetti finora, forse, trascurati. «Sulla
richiesta di ampliamento della coltivazione della cava
di Manera – dicono Bortoluzzi e Gasperini – si è già espresso il
consiglio comunale: ha detto sì. Ma lo ha fatto senza acquisire
precedentemente il doveroso, per legge, parere della neo ricostituita
regola di Monte Salatis, che è proprietaria del sito».

Va
anche ricordato che il consiglio comunale di Chies d’Alpago dello
scorso 17 dicembre si è espresso in questo modo circa l’ampliamento
della coltivazione della cava : 5
sì, 3 no, 5 consiglieri sono usciti al momento del voto per
incompatibilità. Un esito non "bulgaro", che permette di evincere che
qualche problema questa decisione l’ha già sollevato.

«E
lo stesso Comune pare essersi, per così dire, distratto rispetto alle
sue intenzione di sviluppo – proseguono i rappresentanti dei Comitati –
perché mentre nel 2004 ha avviato la procedura per ottenere dei fondi
per il progetto turistico interregionale "Monte Cava
llo" (una quota del 70% del progetto, pari a 201mila euro, sono già
arrivati dalla Regione nel bilancio comunale lo scorso dicembre ndr),
ora, con il voto di consiglio, sostiene il progetto di ampliamento
della cava ».

Dove’è il problema? Il progetto Monte Cava
llo intende sviluppare un tipo di turismo sostenibile, e lungo la
strada Mont-Pianon (la stessa che compare nella foto a fianco
pubblicata), dovrebbero contemporaneamente transitare non solo
biciclette, pedoni e camper per i quali, proprio per favorire il
turismo, è prevista la realizzazione di piazzole di parcheggio, ma
anche i bilici che fanno la spola fra la cava
a cui si ha accesso propria dalla strada Mont-Pianon e la ditta che
lavora il materiale estratto. E magari, di prima mattina, chi ancora
dorme nei camper sentirà lo scoppio delle mine a due passi. E che il
progetto Monte Cava llo sia in
piedi, sia ancora in piedi, lo testimonia anche il fatto che la somma
per la sua realizzazione è stata messa a bilancio per le opere da
realizzare nel triennio 2007-2009.

Ultima chicca. Vicino alla cava di Manera, a cui si accede da una strada stretta, dissestata e che risente dei numerosi passaggi dei bilici, vi è anche la cava di Col de le Fratte, in comune di Tambre. L’accesso? Dalla stessa strada di cicloturisti e camper.

«Nessuna guerra santa – ripetono Bortoluzzi e Gasperini – ma un ripensamento».

Giovanni Santin

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TUMORI NEL FELTRINO E PRIMIERO, UN PO’ DI DATI

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IL VIDEO DELLA PASSEGGIATA CONTRO LA FONDERIA A FONZASO

Duecento contatti in meno di due giorni sono tanti, anche
per un blog molto visitato come lo è il nostro, quello del comitato “Prà Gras”
No Fonderia a Fonzaso – STOP Nocività (l’indirizzo del blog è:
www.pragras.blogspot.com)

A far “impazzire” il contatore delle visite è stata la
pubblicazione del video della riuscitissima passeggiata contro l’ipotesi di una
fonderia a Fonzaso del 26 aprile scorso

Un video di circa 5minuti che racchiude una serie di
immagini, scorci, dichiarazioni e momenti di quella “storica” giornata Il tutto
con il sottofondo di una nota canzone di A. Celentano.

Un video (anche nella
versione integrale, di 20 minuti) che è a disposizione di chiunque ce lo
richieda (crediamo sia molto importante che resti la testimonianza di questa
forte presa di consapevolezza da parte di molti cittadini fonzasini e non)

Un video che daremo (assieme ad altro materiale prodotto
dal comitato) a Caparezza Il noto cantante, venuto a conoscenza dell’operato
del nostro comitato, si è interessato alla questione e venerdì (al termine
della sua esibizione padovana) ci esprimerà la sua vicinanza e solidarietà. Continue reading

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